(Zurigo 1819-90) scrittore svizzero di lingua tedesca. Rimasto orfano a cinque anni, ebbe un’infanzia difficile e non poté compiere studi regolari. Dedicatosi alla pittura, nel 1840 si recò a Monaco per frequentare l’Accademia di Belle arti. Tornato a Zurigo, prese parte alle lotte politiche fra i vari cantoni, schierandosi contro i conservatori di Lucerna. In quegli stessi anni iniziò l’attività letteraria, scrivendo soprattutto poesie di tono patriottico. Grazie a una borsa di studio, poté recarsi a Heidelberg, dove seguì i corsi di Feuerbach, e poi a Berlino (1850-55). Verso il 1854 cominciò un periodo di intensa creazione. Dal 1861 K. poté finalmente contare su un impiego fisso, come segretario cantonale; dal 1876, lasciato il posto, si dedicò esclusivamente alla stesura delle sue opere.Il grande romanzo autobiografico Enrico il verde (Der grüne Heinrich) apparve nel 1854-55, ma raggiunse la sua forma definitiva solo nel 1880. È la storia del fallimento di un giovane artista e, sulla linea tradizionale del Bildungsroman tedesco («romanzo di una formazione»), l’analisi della sua evoluzione interiore. Quanto vi era di romantico nella prima stesura (l’esaltazione dell’arte e l’individualismo esasperato) fu rifiutato dallo scrittore nella versione definitiva e sostituito da una concezione realistica e robustamente borghese. Durante il suo soggiorno a Berlino, K. cominciò a lavorare alle dieci novelle raccolte sotto il titolo La gente di Seldwyla (Die Leute von Seldwyla, 1856); piene di briosa ironia, esse rivelano in K. un vivace pittore dell’ambiente provinciale svizzero. Nella cornice del racconto paesano si svolgono vicende ora liete ora tragiche, come la celebre novella Romeo e Giulietta nel villaggio (Romeo und Julia auf dem Dorf). Lo stile passa con scioltezza da toni quasi fiabeschi ad accenti drammaticamente realistici. Nel 1872 uscirono le Sette leggende (Sieben Legenden), storie d’amore che prendono spunto da altrettante agiografie medievali. Seguirono le Novelle zurighesi (Züricher Novellen, 1877), dove K. dà prova della sua sensibilità per la rievocazione storica, e, nel 1882, il ciclo novellistico L’epigramma (Das Sinngedicht), imperniato con suggestiva freschezza sul tema dell’incontro tra uomo e donna. Del 1886, infine, è il secondo romanzo di K., Martin Salander, che esprime il rimpianto dello scrittore di fronte allo sgretolamento dei valori morali della borghesia.La letteratura svizzera dell’Ottocento ha in K. il suo massimo rappresentante. I suoi libri nascono da una profonda fiducia nei principi della comunità sociale di cui egli fa parte: rigore morale, un saldo legame con la tradizione, la certezza nella funzione etica del lavoro. A questi valori, sentiti come immutabili, K. si avvicinò ancor più fermamente dopo la sua adesione alle dottrine ateistiche di L. Feuerbach. La sua vocazione di narratore lo porta a esprimere «solo ciò che è puramente umano», le vicende di esseri semplici la cui vita si svolge in simbiosi con la natura.