Documenti inediti anche su territori presso Torrioni, Tufo, Chianche, Chianchetella, Petruro, Pratola, San Giorgio, San Nicola. I comuni, partiti dal fortilizio di S. Angelo a Torrajoni, già prima del 1700, hanno dato autonomia politica a Castel Torrioni, Toccanise e Tufo, feudo che i Caracciolo di Avellino mantennero per secoli, onde evitare lo smembramento dello Stato feudale che aveva termine alle porte di Benevento. Cognomi di uomini che rivivono ad opera di una personale e sottile matita rossa e blu che ridisegna lunghe giornate fra vicoli e portoni, alla riscoperta delle nostre origini. Ma ciò che sono stati gli avi e ciò che avremmo voluto si confronta in una elaborazione di dati schiacciati dalla polvere caduta sui rogiti, per il non venir scrutati, pronti ad essere liberati e fluttuare nell'aria. E i risultati, sebbene di prima facie, premiano chi vuole scavare nel passato, scoprire il valore insostituibile della conoscenza e delle radici, spinto da un sapere vitale, all'affannosa ricerca di una identità che leghi l'avulso curioso al territorio, che lo intrighi al punto di immergersi nella stessa complessa articolazione del testo, diventandone protagonista, ora rinvenendo il suo nome, ora il suo cognome. Nulla di tutto ciò si avrebbe senza l'indagine investigativa condotta su cittadini, congiunti e conviventi, attraverso una breve, chiara e distinta sintesi sui beni immobili, e sull'attività esercitata, sulle tasse. Caratteristiche che non escludono la vivezza della enunciazione formale e la passionalità del piglio giornalistico, ogni volta che occorra, per annodare e poi snodare un sistema complesso, articolato, che appare ripetitivo e impossibile a studiarsi, che fornisce dati quasi mai letti e trascritti prima, secondo angolazioni asimmetriche che non si esauriscono certo in modo cronologico o con la mera elencazione, ma risultano godibili, per la ghiotta disponibilità di fatti, di evocazioni gustose e acute, annotazioni riferite alla nostra Montagna. Cosicché dalla trattazione non spunta il ventaglio delle considerazioni, non la cattiva abitudine degli storici locali dell'eccessivo consultare di libri consunti, che pure necessitano, ma la vivacità e il colore scavato nei tomi originali, fin oggi tenuti sotto chiave, ed ora tirati a lucido per l'occasione. Un merito che va tutto ad onore del nostro gruppo di lavoro, che si è sobbarcato con perizia e volentieri l'immane fatica, basato, ricordiamolo, sulla topicità e il costante scrupolo della trascrizione al fine di fornire conclusioni assolutamente di prima mano. Sono interventi, studi e note di chi ha capacità e amore per la verità, sulla scorta della primaria volontà di leggere una cosa mai scritta, senza entrare nel merito di punti problematici e magmatici. È lo spirito che ci accompagna su questi binari temporali, forse senza pathos da romanziere e con la volontà di sempre possibili e ammissibili approfondimenti, ma con la consapevolezza di aver restituito un sogno all'uomo che va alla continua ricerca delle proprie radici. È questo l'inedito pregio che siamo riusciti a cogliere e che ci ha distratto ed appagati, ma mai allontanati, solo rapiti dalla voglia di poter lanciare un fiore all'umano consorzio. È bello, anche se di rado, lasciarsi cullare da un alito di vento senza rincorrere i feticci di Papuasia e di Guinea ricordati altrove da Iannaco, a merito di coloro che non sono fuggiti, un po' per orgoglio, un po' per ideali, un po' perché prestati al servizio di valori rari. Sono quelli che insegnava senza mai stancarsi l'Antonelli, quando, qualche anno addietro, facendo un plauso a Bascetta, gli ricordò che è la rarità a ingenerare la preziosità in chi sceglie di stare dalla miglior parte.
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