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La storia della palma che tenta di fuggire dalla serra in cui è rinchiusa, riflette la condizione dell'uomo costretto a vivere all'interno di un sistema di regole e di convenzioni comuni.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
"In una grande città c'era un giardino botanico, ed in questo giardino si trovava un'enorme serra, fatta di ferro e di vetro. (...) Le piante erano creature delicate e splendide, originarie dei paesi caldi; ricordavano spesso la loro patria e ne avevano nostalgia." (pp. 13s.) "La palma (...) era assolutamente sola. Superava di svariati metri le cime di tutte le altre piante, e le piante non l'amavano, ne erano invidiose e la consideravano orgogliosa." (p. 16) "Datemi ascolto: crescete più alte e più forti, allargate i rami, premete contro gli infissi e contro i vetri, ed allora la nostra serra cadrà in pezzi, e saremo libere." (pp. 18s.) "E in quell'istante risuonò un colpo. Si era spezzata una solida barra di ferro. Cominciarono a piovere e a tintinnare delle schegge di vetro. (...) Era autunno inoltrato quando l'Attalea era riuscita a far passare la sua chioma attraverso quell'apertura." (p. 25) "Legarono la palma con delle funi perché, cadendo, non rompesse i vetri della serra, e la tagliarono alla radice." (p. 27) In una quindicina di pagine troverete: una favola nera; il sogno della libertà e l'eroismo; la mediocrità e il conformismo; la solitudine del genio e la banalità del potere; la sensazione di aver capito in un colpo solo i concetti di "Romanticismo", "pessimismo cosmico" e "rivoluzione". Il tutto per merito di uno dei pochissimi testi di uno scrittore russo - del quale sino a ieri sera (mea culpa) ignoravo completamente l'esistenza - vissuto nella seconda metà dell'Ottocento, morto suicida a trentatré anni dopo essere vissuto troppo tardi per essere romantico e troppo presto per essere rivoluzionario. Capolavoro. "Ora, so cosa devo fare. Vi lascerò in pace: continuate a vivere come volete, brontolate fra voi, litigate per l'acqua e rimanete per sempre sotto questo cappello di vetro." (p. 19)
Libertà soffocata nel gioco di una trasfigurazione che prende alla gola, tanta è la breve intensità del racconto. Un sentimento di fuga sotto la cappa di un verbo di costrizione, le note di un progetto di rivolta uccise dal pugno del potere. Favola bellissima e amara, segno romanticissimo di uno stato d'animo per niente semplice da vivere e sopportare, epilogo tragico consegnato alla commozione; una sorpresa che dopo l'esperienza del "fiore rosso" (altra stupenda malata metafora) non mi aspettavo di incontrare di nuovo. Autori così poco noti non trovano spazio nello sgomitante mercato della pochezza corrente; onore a Sellerio allora, alle sue sfide e alle sue scelte, e onore a questo poeta morto giovane (ma ogni poeta muore giovane, perché sente presto il cigno piegarsi e morire nel suo sterno)che regala con questo sogno i teneri artigli impotenti dell'uomo in gabbia che non smette di credere alla vita e inseguirne i richiami più amati.
Breve ma intenso, Attalea princeps è il perfetto connubio tra leggerezza e profondità. Lo consiglio vivamente a coloro che cercano un racconto breve originale, capace di far riflettere.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
MADIERI, MARISA, La radura. Una favola, Einaudi, 1992
GARSIN, VSEVOLOD, Attalea Princeps, Sellerio, 1992
recensione di Cases, C., L'Indice 1993, n. 3
Marisa Madieri aveva già pubblicato presso Einaudi un libretto dal titolo "Verde acqua". Questa seconda prova ci sembra assai più interessante e persuasiva. È una favola nel senso che la protagonista è una margherita che cresce, sente e pensa nel suo mondo vegetale. Potrebbe essere un libro per bambini, ma allora prevarrebbero l'idillio da una parte e l'apologo didascalico dall'altra. Qui entrambi sono accennati, ma non insistiti. La radura in cui vive la margherita Dafne è una società vegetale piuttosto tranquilla con ragazze per bene, vecchie bellone che non disarmano, vecchi saggi, tentazioni amorose, desideri di evasione in parte accontentati dalla maestra Venanzia che spiega la geografia dei paesi al di là della radura e inizia ai mondi inesistenti della letteratura. Ma la morte è presente fin da principio e il vecchio giardiniere Oscar spiega a Dafne che torniamo tutti alla terra, ciò che la margherita non capisce perché sulla terra ci siamo tutti e non ha senso dire che ci torniamo. Le margherite, poi, oltre a perire sotto la falce sono esposte a essere spennate petalo per petalo, mentre gli uomini pronunciano "una litania misteriosa, forse una formula propiziatoria". Ma ci sono anche i pericoli che minacciano dall'interno. La ribelle Amanda capeggia una manifestazione femminista, per verità più pittoresca che aggressiva, e il consiglio dei Saggi è preoccupato per il declino del mondo della radura. La fine viene però dall'esterno e non è priva di tratti gentili, ha poco a che vedere con la morte di un merletto lentamente ingoiato da un serpente che aveva terrorizzato Dafne. Un'allegra compagnia di bambini si intreccia un serto di margherite che pone termine all'esistenza di Dafne e delle sue compagne. Ma prima di andarsene la bambina depone la ghirlanda su un cespuglio e così "Dafne non lasciò mai la sua radura", sciogliendo il paradosso di Oscar per cui si torna a quella terra che non si è mai abbandonata. Speriamo davvero che ci capiti a tutti una morte siffatta.
Ci sono altri racconti con piante parlanti? Forse ce n'è a bizzeffe, e sono inventariati in qualche opera positivistica del tipo di quel "Cavallo nella letteratura medioevale" preso in giro da Spitzer. Ma Sellerio ne ha appena pubblicato uno dell'autore del "Fiore rosso". È un racconto molto diverso da quello della Madieri. Qui siamo in una serra, quindi le piante sono in una condizione innaturale e ci si meraviglia meno che parlino. Esse sono immagini dell'individuo oppresso e mutilato dalla società e l'Attalea princeps vuole sfidarla ergendo la testa fino a rompere la gabbia di ferro e vetro. Ci riesce, ma a costo della vita. Garsin era un romantico, e si vede. C'è lo sforzo eroico e l'inevitabile sconfitta. Nella Madieri c'è piuttosto l'utopia di una società ordinata che rende accettabile anche la morte. E se facessimo un concorso per il miglior racconto sulle piante parlanti? Se ci si dovesse attenere strettamente alla realtà del nostro tempo l'impresa è impossibile perché tutte le piante morirebbero inquinate prima di aver raggiunto l'età della parola.
Attalea Princeps, storia di una palma che tenta di fuggire dalla serra in cui è rinchiusa, in una atmosfera astratta e sospesa di visione, sembra anticipazione di utopie negative.
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