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A dispetto del titolo altisonante, è questo un piccolo libro originato da un seminario organizzato dal Comitato regionale piemontese del Partito della rifondazione comunista. Ma a volte anche i libri piccoli, quasi inevitabilmente votati alla semiclandestinità per le regole del mercato editoriale, possono essere ricchi di spunti stimolanti. Nel panorama di macerie lasciato dal crollo delle ideologie novecentesche, c'è chi non considera "un'astrazione o un lusso" la necessità di ripensare le ragioni del comunismo. Lo fa con intelligenza Marco Albeltaro, in un'introduzione lucidamente consapevole della "degenerazione cognitiva" che ha devastato il dibattito sul tema, alla quale propone come antidoto il ripensamento al plurale non solo del comunismo, ma del Novecento. Lo fa con il piglio di un'autentica coscienza critica della sinistra Alberto Burgio, che invoca la "concretezza della teoria" per "recuperare la materia prima della nostra pratica politica", non senza evocare un "rischio Weimar" nell'"avvitamento tra crisi sociale e risposta autoritaria" che caratterizza l'ultimo trentennio. E, in una distesa cavalcata attraverso due secoli, Gian Mario Bravo ripercorre il rapporto fra democrazia politica, socialismo e democrazia sociale. Affiancano questi contributi le considerazioni non scontate di Imma Barbarossa sulla questione femminile, le note di Antonino Infranca, alla luce della riflessione politica di Enrique Dussel, sulle prospettive di una rifondazione democratica in America Latina, le sofferte riflessioni anche autocritiche di Andrea Catone sulle occasioni perdute di una vera rifondazione comunista in Italia. Nell'insieme, al di là di ogni dissenso, un contributo alla rifondazione non solo di una sinistra diversa, ma, in generale, di un pensiero critico.
Aldo Agosti
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