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Giuseppe Rensi,filosofo sui generis tra i pensatori italiani,fu antiidealista e anticrociano;sotto il fascismo perse la cattedra all'Università di Genova e passò alcuni anni in esilio.Ebbe interessi molteplici,che spaziavano dalla filosofia antica allo studio di Spinoza e Nietzsche,e assunse una posizione critica nei riguardi di tutte le retoriche dei suoi anni:dall'esaltazione del Risorgimento alle teorie estetiche e politiche del futurismo e del dannunzianesimo.A partire da questa sua posizione isolata e forse elitaria nella cultura del nostro primo 900,propose una rilettura meditata e insieme polemica dello scetticismo,scrivendo un manuale che fu pubblicato nel 1926,e viene oggi riproposto in un'elegante edizione,con un'acuta introduzione di Armando Torno.Partendo dai filosofi greci dichiaratamente scettici(Pirrone,e poi Sesto Empirico,che ne fu il diffusore nell'antichità), ma risalendo addirittura a Eraclito e Parmenide,per poi recuperare tracce del pensiero scettico nel corso di tutta la storia della filosofia,Rensi offre un'appassionata difesa dello scetticismo contro tutti i pregiudizi e le banalità che ne danno un'idea falsa e riduttiva. "Scettico vuol dire per i più,uomo indifferente a ogni convinzione,pronto se occorre ad assumerne senza scrupoli una qualsiasi e a cambiarla quando fa d'uopo,irrisore di tutte le fedi".In realtà "lo scetticismo stabilisce la sua tesi in contrapposizione al dogmatismo nazionalista e idealista"; esso nega che il reale sia deducibile dalla ragione,ma afferma che deve essere constatato a partire dall'osservazione dei fatti,concludendo che non esistono verità assolute. A partire da questa convinta e perentoria affermazione,Rensi esamina i presupposti dello scetticismo nei vari aspetti della ricerca filosofica:nella metafisica (confutando sia l'essere sia il divenire),nella logica,nell'estetica e -con toni decisamente infiammati- nel campo dell'etica e della politica. Un libro da leggere per chi non crede o crede troppo..
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