L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Anno edizione: 2001
Promo attive (0)
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Bello quanto duro e spietato: una doccia fredda è ben poca cosa in confronto. Tanti brevi racconti crudamente realistici come solo la cattiveria umana può esserlo.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
recensione di Spirito, P., L'Indice 1998, n. 7
Alla sua quarta opera narrativa, con "Anomalie" Mauro Covacich è riuscito a mettere meglio a fuoco temi e stilemi preferiti, in un percorso che ha portato lo scrittore triestino ad affinare la scrittura senza rinunciare a più impegnative ambizioni di carattere escatologico. Ed è un percorso, quello di Covacich, sviluppato soprattutto sulla traccia di un'attenzione viva e sincera verso le - appunto - anomalie della vita, nello sforzo di riuscire a cogliere quei momenti di rottura, quei cortocircuiti, in cui si svela l'umano destino. In tale ricerca il male si identifica sempre con il vuoto, uno spazio buio nel quale si trovano a galleggiare alla deriva pensieri, sogni e sentimenti.
Da "Storie di pazzi e di normali" (Theoria, 1993) e fino a "Mal d'autobus" (Tropea, 1997; cfr. "L'Indice", 1997, n. 7), Covacich si muove in questa direzione, e negli undici racconti di "Anomalie" ritroviamo gli interrogativi degli esordi e l'ossessione per i particolari al limite del macabro, per le descrizioni forti. Mai compiaciute, però, e sempre funzionali alla narrazione. Ad esempio in "Notte", dove due donne si ritrovano intorno al cadavere dell'uomo che per loro è stato rispettivamente amante e padre: nel tentativo di rendere presentabile prima della sepoltura quel corpo dove "il male aveva scavato (...) dall'interno, facendosi spazio tra le ossa", c'è tutta la tensione di uno scontro affettivo e generazionale il cui sbocco sembra essere l'annullamento di ogni spinta vitale.
Altre volte invece lo sguardo del narratore ruota intorno agli orrori come a volerne segnare i contorni, in una lucida presa d'atto. "Un inizio", il racconto che apre la raccolta, porta alla tragedia (un gruppo di ragazzi dilaniati da una bomba mentre giocano a basket in una città della Bosnia in guerra) dopo un susseguirsi di segnali sulla onnipresenza del conflitto e sull'incombere della morte. A chiudere in un' ideale unità circolare l'insieme dei racconti, la guerra in Bosnia torna altre due volte nel libro: in "Un altro inizio", viaggio nella psiche avariata di un cecchino, e in "Una fine", dove ritroviamo - in un drammatico epilogo - uno dei giovani feriti durante la partita di basket.
La ricerca di una normalità nella devastazione e lo svelamento della devastazione dietro ogni apparente normalità sono le due direttrici lungo le quali Covacich rappresenta le sue anomalie. Attento alla varietà dei registri stilistici e tematici, con una scrittura molto sorvegliata e di solida struttura, lo scrittore esplora i possibili mondi dell'incubo quotidiano partendo da riferimenti alti (le citazioni dei testi sacri in epigrafe ai racconti) per approdare a una rappresentazione che forse di tali riferimenti potrebbe fare a meno. Anche quando l'anomalia è colta nel suo manifestarsi più vicino a certe suggestioni confessionali. Come in "Senza piombo", dove alcuni ragazzi del Veneto-bene, tutti casa, lavoro e chiesa, sinceramente convinti di essere anime candide, si scoprono capaci delle più becere umiliazioni nei confronti di un extracomunitario di colore.
In realtà i racconti più efficaci sono quelli in cui il narratore si lascia andare senza troppe preoccupazioni concettuali nel vortice del delirio, dove i cortocircuiti sono lampi capaci di aprire squarci di luce su insondabili abissi. Nel già citato "Un altro inizio", il tiro a segno del cecchino diventa convincente metafora di quell'abominio estremo che può crescere e maturare in chi è costretto a stare fuori dal mondo, a non potervi partecipare. È significativo come i bersagli preferiti del cecchino, obbligato a vivere in un grattacielo abbandonato, siano le donne: "Più era bella e più era colpevole, più cresceva la sua ingenuità di credersi invulnerabile, più mi sbatteva in faccia la mia lontananza dal mondo".
Ma anche quando Covacich tocca con più decisione le corde del grottesco gli esiti rimangono convincenti. In "Ciechi" e in "L'ebefrenico" eccezioni e storture si rivelano attraverso i rapporti affettivi. Il professore che si acceca per condividere l'universo buio della sua amata allieva non vedente, e la professoressa coinvolta in un amore impossibile con il suo assistito demente rappresentano in forma bizzarra l'improvviso manifestarsi di nuove forme, dove "dall'oscurità affioravano piano piano le immagini di un altro vedere, immagini spurie, dai dettagli intercambiabili, docili alle manipolazioni della fantasia e agli innesti della memoria". La raffigurazione grottesca si fa al contrario più difficile proprio quando la deformazione è data in partenza nella sua reale immediatezza, e in "Pietro e Paolo" la vicenda di due mostruosi gemelli siamesi non riesce a diventare materia palpitante come più volte accade altrove nel libro.
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore