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Un testo di grande lucidità, con un'analisi molto interessante del decennio Settanta, forte di alcune intuizioni, specie sul legame fra quel tempo e il nostro, che fanno luce sulla dinamica complessa e intricata che tiene insieme, in qualche modo, paese reale e paese legale.
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Bene hanno fatto Sergio Luzzatto e Andrea Romano nel sollecitare Giovanni Moro a produrre una riflessione complessiva sugli anni settanta. Ponendosi dal punto di vista di "un testimone che esercita il diritto di parola", Moro ha infatti finito con il darci una lezione di metodo storiografico. Nel dibattito tra gli storici quel decennio continua a essere strattonato fra i cultori della dietrologia e quelli di un malinteso "revisionismo". Per gli uni niente è come sembra ma tutto è complotto e trama occulta; per gli altri tutto è palese e niente è da aggiungere alle "confessioni" e ai ricordi dei protagonisti. Tesi opposte e speculari, assolutamente sterili sul piano della comprensione storica degli eventi. Il "terzismo" ha invece rivisitato in modo fecondo la storia dell'Italia repubblicana, ma sugli anni settanta si è adagiato sugli stereotipi ideologici della cultura dominante all'epoca. La lezione di metodo consiste nel recupero di un approccio capace di mescolare equilibrio e intelligenza critica, praticando "la virtù intellettuale (e civile) del distinguere" le varie dimensioni sotto cui si presentano molte vicende di quel periodo. Gli anni settanta sono ostaggio di "sopravvivenze regressive", argomenti prodotti all'epoca e riproposti come fossero asettici metri di giudizio validi tutt'oggi per la comprensione di ieri. Sotto la polvere e il sangue della guerra civile ideologica perpetrata dai tristi mimi delle rivoluzioni del Novecento, il decennio visse anche un conflitto di cittadinanza. Segnò l'inizio di un diverso rapporto tra cittadini e politica, con i primi intenti a rivendicare e praticare l'autonomia dallo stato nella gestione della sfera pubblica, nonostante la partitocrazia. Non saper leggere storicamente gli anni settanta alimenta la cecità della classe politica attuale, incapace di andare oltre la superficie della società che dovrebbe governare. Danilo Breschi
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