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In questo romanzo del ‘26 ho cercato una chiave di lettura alla disgrazia del 1909 in casa Puccini. In breve: il Maestro aveva l’ormone ballerino subendo in modo esagerato il fascino femminile. Gli andavano bene tutte. S’era sposato con Elvira dopo anni di convivenza (lei già sposata e non esisteva il divorzio) ma continuava a cornificarla. Lei, incalzata dalla figlia, sosteneva che la colf avesse sedotto il marito. Tanto fece che la poveretta s’avvelenò e morì e fu condannata. Che dinamiche ha, anche psicologiche, il rapporto tra padrona e domestica? Doria come Anna? Non proprio ma, dimenticando l’ambiente (Budapest anziché Torre del Lago), il padrone (Kornél e non Puccini), la padrona (anziché l’Elvira), qualche spiegazione si può trovare. I Vizy sono una coppia borghese di mezz’età degli anni ‘20. Lui funzionario ministeriale, lei sta in casa e comanda tutti. Abitano una palazzina elegante di proprietà e hanno un discreto patrimonio immobiliare e tenore di vita medio-alto. Cambiano l’ennesima colf perché le precedenti son fuggite per il caratteraccio della signora. Nessuna ha resistito più di sei mesi, tranne Anna. Forti della loro posizione sociale i Vizy sono riusciti ad accaparrarsi la giovane, timida, onesta, d’umili origini, orfana di madre. I padroni sono convinti che sarà perfetta, intanto la spiano e la pagano poco. Anna non fa domande, non sente fatica, mangia poco, pulisce e rassetta, non chiede nulla. Ascolta e non risponde, neppure interpellata. Sono orgogliosi di lei, la elogiano quando non è presente perché si vizierebbe troppo, vanterebbe pretese anche economiche. Non può portare in casa estranei, soprattutto uomini. Dorme su un giaciglio in quanto essere inferiore. Una serva, infatti, non potrà mai elevarsi di rango, diventare una signora per bene o dama da salotto. In una Budapest borghese, presto occupata, un’epoca effimera della storia europea sta per finire. I Vizy non sanno che le loro certezze, che credono acquisite, presto verranno meno.
Il romanzo è ambientato nel primo dopoguerra nel 1919 a Budapest. È la storia di Anna Édes una giovanissima cameriera che viene assunta in una casa di una coppia di borghesi. Viene accolta tra mille sospetti e finalmente con il suo essere pulita (a livello di intenzioni) conquista i due coniugi. È un romanzo che denuncia la cristallizzazione delle classi sociali. Ad Anna è chiesto solo di essere servizievole, onesta, affidabile e di tenere la casa pulita. Non ha importanza se desidera una vita sua, una famiglia sua: il suo unico compito è quello di servire e riverire i coniugi Vizy. Fino a quando non si ribellerrà, inspiegabilmente, a questa sua condizione. E lo farà in modo da lasciare tutti senza parole. La storia mi ha richiamato alla memoria La porta di Magda Szabò.
Un capolavoro della letteratura ungherese che offre una precisa fotografia di un’epoca storica effimera nella storia europea poco dopo la fine della prima guerra mondiale. Un classico che riesce a mettere a nudo, senza troppi fronzoli e banalità, le ipocrisie proprie dell’animo umano ed intrinseche della borghesia di Budapest di quell’epoca, che risultano essere sempre più ridicole e assurde se paragonate alla semplicità intellettuale e alla bonomia delle classi meno agiate. Eventi storici decisivi per la storia dell’Europa, come l’occupazione di Budapest da parte dell’esercito rumeno, l’avvicendarsi di ben due rivoluzioni sociali, fanno da sfondo alle vicende private dei personaggi principali che vengono tratteggiati quasi in modo grottescamente caricaturale da Dezso Kosztolanyi.
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