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L' ancien régime. Vol. 2: Il declino dell'Assolutismo. L'Epoca di Luigi XV (1715-1770). - Emmanuel Le Roy Ladurie - copertina
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L' ancien régime. Vol. 2: Il declino dell'Assolutismo. L'Epoca di Luigi XV (1715-1770). - Emmanuel Le Roy Ladurie - copertina

Descrizione


In questo volume l'autore affronta il periodo della Reggenza seguita alla morte del Re Sole (1715) e il lungo regno di Luigi XV: il modello assolutista viene temperandosi aprendo, paradossalmente, la strada alla nuova epoca. Un vasto affresco in cui l'evoluzione della monarchia classica è vista in connessione con l'articolarsi dell'apparato statale e con il suo radicamento nel paese, con i mutamenti strutturali profondi nella demografia, nell'economia, nella società.
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Dettagli

2000
7 aprile 2000
376 p.
9788815074157

Voce della critica



Le Roy Ladurie, Emmanuel, L'Ancien R‚gime, vol. I: Il trionfo dell'assolutismo: da Luigi XIII a Luigi XIV (1610-1715), Il Mulino , 2000
Le Roy Ladurie, Emmanuel, L'Ancien R‚gime, vol. II: Il declino dell'assolutismo: l'epoca di Luigi XV (1715-1770), Il Mulino , 2000
recensioni di Carpanetto, D. L'Indice del 2000, n. 07

Pochi altri storici francesi hanno percorso i più differenti terreni di ricerca e sono stati contemporaneamente attivi nelle più prestigiose istituzioni culturali della Francia come Emmanuel Le Roy Ladurie. Nei passaggi della sua carriera si scorge il compimento di un cursus honorum di prim'ordine. Nato nel 1929 in un paese del Calvados, Le Roy Ladurie esordisce come assistente nell'Università di Montpellier, diventa quindi direttore presso l'École des Hautes Études di Parigi, professore alla Sorbona, titolare della cattedra di storia della civiltà moderna al Collège de France e, tra il 1987 e il 1994, ricopre l'incarico di amministratore generale della Bibliothèque Nationale, legando la sua attività alla realizzazione del progetto di Mitterrand per la nuova sede della biblioteca.
Altrettanto coronato di risultati è stato il suo impegno scientifico, che ha restituito, con esiti non tutti di eguale livello, momenti e problemi della storia francese attraverso indagini di multiforme ispirazione metodologica condotte con impegnativi lavori archivistici su fonti locali. Dopo I contadini di Linguadoca, del 1966 (Laterza, 1970), espressione della storia economica, la storia delle mentalità si affacciava nella Storia di un paese: Montaillou, edita nel 1975 (Rizzoli, 1977), affascinante viaggio nei meandri di un villaggio medievale sperduto nella contea occitana di Foix, mentre la storia totale, con una predilezione per gli aspetti del folclore, trionfava nel Carnevale di Romans (Rizzoli, 1981), ambientato ai tempi di Caterina de' Medici, che affrontava l'universo globale della città del Delfinato, presentata nei suoi riti, nelle sue feste, nelle sue quotidiane manifestazioni di violenza. Tra i più persuasivi esiti delle sue molteplici ricerche resta a tutt'oggi la Storia del clima dall'anno Mille (1967, 1983; Einaudi, 1982), frutto dell'originale idea di una storia, insieme naturale, biologica e umana, volta ad afferrare uno degli elementi maggiormente condizionanti la vita economica e sociale del Medioevo e dell'età moderna, fino ad allora sostanzialmente trascurato come oggetto di ricerca.
La collaborazione a grandi progetti editoriali portò poi Le Roy Ladurie a cimentarsi con ricostruzioni generali di storia rurale e urbana, per approdare a un'impegnativa analisi d'insieme dedicata alla storia moderna della Francia. I tre volumi, pubblicati nella collana "Histoire de France" dell'editore Hachette, si affiancarono a quelli di George Duby sul Medioevo, di François Furet sul periodo tra
il 1770 e il 1884, e di Maurice Agulhon sul tratto successivo. Il dato caratterizzante di quel progetto consisteva nel ridare piena cittadinanza alla storia politica, umiliata dal successo della Nouvelle histoire, di cui diversi collaboratori erano stati paladini, ritrovando un tempo lungo nel passato della Francia, dal X secolo fino al Novecento, che privilegiava l'ipotesi formulata da Tocqueville di una sostanziale continuità dello Stato nelle sue diverse espressioni storiche.
Nei due tomi unificati dal titolo L'Ancien Régime, che completano la trattazione precedente nella quale era stato ricostruito il ciclo racchiuso tra il regno Luigi XI e l'assassinio di Enrico IV (Lo Stato del re. La Francia dal 1460 al 1610, il Mulino, 1999), Le Roy Ladurie sembra prediligere una storia narrativa, condotta secondo un filo sostanzialmente cronologico che, mettendo in primo piano l'opera dei sovrani e dei ministri, il ruolo della corte e delle fazioni nobiliari, prende le distanze dall'impianto strutturale del fondamentale e tuttora imprescindibile Ancien Régime di Pierre Goubert (1973; Jaca Book, 1974). L'efficacia dell'azione politica, misurata soprattutto nelle relazioni internazionali, risulta essere il motivo ispiratore dell'ampia e, va sottolineato, non sempre ordinata ricostruzione di due secoli di storia francese, dalla quale emergono inattese riabilitazioni.In primo luogo quella del Seicento, che non appare tanto un'epoca di crisi, bensì un tempo di sviluppo economico testimoniato da grandi imprese industriali e da lungimiranti progetti commerciali ad ampio raggio. In secondo luogo quella della Fronda, intesa come evento destinato a influenzare positivamente la Francia in quanto esperimento di "secolarizzazione dei comportamenti collettivi" e tentativo di temperare l'assolutismo regio. Proprio il te ma dei limiti dell'assolutismo ritorna con maggiore frequenza nell'opera, limiti identificati tanto nell'agire delle grandi istituzioni quanto nei giochi complessi delle camarille nobiliari, dei gruppi di corte, dei circoli politici, argomenti sui quali Le Roy Ladurie si dilunga abbondantemente: anzi, più del dovuto, in rapporto ai brevissimi cenni riservati agli intellettuali, all'economia, all'articolazioni dei ceti.
Un altro punto di forza di questa sintesi ricca di umori polemici, espressi spesso con empito retorico più che con persuasiva enucleazione di prove e di ragionamenti, consiste nella rivalutazione del Re Sole, spinta fino al punto di considerare gli esiti della guerra di successione spagnola come del tutto positivi sia per il regno sia per l'Europa, uscita stabilizzata in un equilibrio che, secondo l'autore, avrebbe retto fino al 1792. Sempre a proposito del regno di Luigi XIV, Le Roy Ladurie non ha avuto esitazioni nel dissipare l'ombra che la revoca dell'Editto di Nantes nel 1685, sopprimendo le residue libertà degli ugonotti, fa calare sul sovrano e sulla sua lungimirante politica. Qui l'argomentazione sfiora la capziosità là dove si afferma che la repressione religiosa fu un male necessario perché pacificò la Francia e rafforzò la coesione del regno e dello Stato; un male che apparteneva all'ordine naturale delle cose, come dimostra - secondo lo storico - il fatto che i contemporanei non lo registrarono né con sdegno né con inquietudine. Ancora più forzato appare il confronto con l'Inghilterra della gloriosa rivoluzione, vessatrice dei cattolici così come la Francia lo fu dei calvinisti: in entrambi i paesi, scrive l'autore, "sono all'opera le logiche proprie dello Stato-Chiesa, qui gallicana, là anglicana, della Chiesa-Stato, gelido mostro, rullo compressore pronto a schiacciare le differenze": il che sembra francamente un modo sommario e sbrigativo per liquidare il tema della tolleranza in tutte le implicazioni ideologiche e politiche che differenziano profondamente il caso inglese da quello francese.
Allorché il racconto avanza nel cuore del Settecento, si manifesta apertamente il proposito che Le Roy Ladurie ha coltivato in tutta l'opera, ossia quello di identificare una corrente monarchica, moderata e al tempo stesso liberale, intesa come nucleo permanente di una lunga marcia della Francia verso il costituzionalismo moderato. Eccola finalmente schiudersi nel partito patriottico (un po' inventato dallo storico, a dire il vero), di carattere filoparlamentare, moderatamente riformatore, erede del giansenismo, ma anche influenzato dai Lumi, che avrebbe agito sulla scena politica francese tra il 1750 e la fine del regno di Luigi XV. Gli uomini di questo partito, il cui capofila è considerato Malesherbes, sono gli unici ad avere uno sguardo proiettato in avanti, a detta di Le Roy Ladurie, il quale in questo modo sbroglia i tanti nodi di quel complesso e tormentato ventennio che precede la morte nel 1774 di Luigi XV: un ciclo che con ben altra maestria e probità avevano analizzato Furio Diaz e Paolo Alatri, per citare due storici italiani le cui opere a noi risultano tuttora fondamentali ma che Le Roy Ladurie ignora, preferendo sciogliere i nodi di avvenimenti complessi e controversi con sbrigative semplificazioni. La più irritante, la più iterata e la più deformante si palesa nei discorsi sull'Illuminismo, ridotto a macchiettistica compagnia di scriteriati. Senza voler infierire, si possono citare alcune perle. Voltaire fu favorevole all'assolutismo perché "corrotto dall'amichevolezza mostratagli dai poteri francesi che aiutavano in quel periodo le manifatture per la fabbricazione di orologi controllate dal filosofo-imprenditore". D'Alembert, difendendo la libertà di stampa, manifestò una "mentalità rigida che si diffonderà negli anni rivoluzionari con conseguenze talvolta impreviste e pericolose, che ci sono ben note". E ancora: sotto la bandiera della sovranità popolare militarono indifferenziatamente Diderot, Mercier, Morellet, Condorcet, Mably e ad abundantiam anche Turgot. Infine la ragione per cui gli illuministi misero sotto accusa gentiluomini e preti è presto detta: li ritenevano "compromessi con l'assolutismo pur indebolito ed 'evirato' rispetto al suo vigore e alla sua iniziativa dei tempi lodoviciani". Ciò non toglie tuttavia che alcune parti dell'opera, ad esempio quelle sulla Fronda, sulla Reggenza di Filippo d'Orléans e sulla politica estera nel XVIII secolo, forniscano utili e dettagliate informazioni che, usate con discernimento, possono servire a cogliere risvolti significativi dell'antico regime francese.

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Conosci l'autore

Emmanuel Le Roy Ladurie

1929, Les Moutiers-en-Cinglais

Emmanuel Le Roy Ladurie è stato uno dei più importanti storici francesi, allievo di Fernand Braudel ed esponente di spicco dell’École des Annales. È stato direttore della Bibliothèque nationale de France e professore di Storia della civiltà moderna al Collège de France. Tra le sue opere pubblicate in Italia ricordiamo Il denaro, l’amore, la morte in Occitania (Rizzoli, 1983), I contadini di Linguadoca (Laterza, 1984), Il Carnevale di Romans (Rizzoli, 1996), Montaillou. Storia di un villaggio occitanico durante l'Inquisizione (Il Saggiatore, 2019).Premio Nonino a "un Maestro del nostro tempo" 1992, si legge nella motivazione: "ha regalato ad innumerevoli lettori il piacere di conoscere il senso del passato nella trama minuta degli...

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