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scheda di Gomboli, M. L'Indice del 2000, n. 01
Pensate alla vita quotidiana, alle bassezze e alle ipocrisie con cui ogni giorno si deve fare i conti, alle piccolezze degli uomini e a quanto sia difficile comunicare con loro. È sufficiente questo per comprendere il senso dei racconti di Jacob Arjouni presenti in Un amico, un libro che si limita a essere specchio fedele della nostra imperfetta realtà, rifuggendo volutamente da ogni tentazione retorica o fantastica per mettere in scena un vasto assortimento di vicende e casi umani solo apparentemente paradossali. Con un ingrediente in più: una dose massiccia, e sicuramente nociva, di cinismo e disillusione. Filo conduttore dei sei racconti pubblicati in Un amico sembra infatti essere proprio la quasi totale mancanza di fiducia nel genere umano, che dà vita a personaggi "normali" e accettati socialmente, eppure privi di scrupoli e intenti esclusivamente a inseguire il proprio tornaconto. Come si spiegherebbe altrimenti la volontà del giovane e rampante regista teatrale Retzmann di "affittarsi" un amico da portare alla propria festa di compleanno giusto per compiacere madre e invitati? O la falsa carità di una famiglia progressista che trasforma il proprio subaffittuario russo-tedesco, ovviamente "in nero", in un profugo accolto per puro altruismo, così da vincere un consistente premio in denaro messo in palio da una xenofoba associazione per la "conservazione della coscienza nazionale tedesca"? Un panorama umano assolutamente desolato, dove all'impossibilità di instaurare rapporti disinteressati si aggiunge spesso anche l'incapacità di esprimere e far comprendere agli altri l'essenza dei propri sentimenti e affetti, visti come un pericoloso segnale di debolezza. Come accade al vecchio signor Kanter, che, fuggito da tutto e tutti in un paese di campagna, preferisce morire solo e disperato piuttosto che ammettere il profondo legame per la terra che lo aveva accolto e per l'unica persona che negli anni aveva imparato a rimanergli amica.
Maurizio Gomboli
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