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L'esule Anders calato nel "sentire" americano, nei maleolenti veleni di una psicoanalisi che vorrebbe sedurre e proporre una nuova felicita':"Sorpassati sono coloro che, a causa della psicoanalisi, hanno percepito solo ieri lo sgocciolio tra i muri nonostante il fragore del crollo si fosse spento da tempo". La politica dei mezzi a tutti i costi, e mai la nobile verita' dei fini:"Cio' che qui conta e' il movimento, non l'approdo, l'andare in macchina, non la sosta". La potenza e i retaggi di un passato hitleriano i cui echi non smettono di aleggiare (sebbene sotto altre vesti), l'amore come forma culturale, conoscenza, e non facile sesso immaturo che insegue l'immediato quale che sia:"Il subitaneo e' il barbarico". Un diario di profonda sincerita', una denuncia di aridita' sensibili forse senza guarigione, l'amore come unica fonte a comprendere e superare con coscienza gli steccati dl vissuto. Ma, ancor piu', un inneggiare alla donna come vera portatrice di nuova liberta' e pregnanza sensibile:"L'uomo e' troppo maschio per capire le donne a fondo". Filosofia del sensuale dunque come meta e scavo per affrontare le durezze del contingente e contrastare le odiose pratiche del fare a tutti i costi, la morte del tabu' come svuotamento di interesse per le cose, la persona in definitiva come perno e stella di un pensare, un agire, un vivere:"Don Giovanni non puo' cogliere nulla imcontrando pe donne solo al plurale, giacche' l'idea non e' raggiungibile in sommatoria".
Una sorta di diario steso in tre anni (dal 1947 al 1949) vissuti da Anders nell'esilio newyorkese, per salvarsi dalla persecuzione nazista. Da incontri casuali, lezioni universitarie, riflessioni sull'arte e la letteratura, discussioni con amici e intellettuali, ma soprattutto da riflessioni personali (spesso angosciate o addirittura risentite) il filosofo tedesco trasse una metodologia antidogmatica di pensiero, "segnata dal rifiuto di ogni vincolo mondano e trascendentale, di ogni mito di progresso, di ogni pathos ontologico, di ogni falsa socialità", come commenta nella postfazione a questo volume Sergio Fabian. Isolato, controcorrente, moralista, libertario e paradossale, Guenther Anders anche in questi appunti occasionali e talvolta poco obiettivi, si mostrava radicalmente critico nei riguardi della modernità, intesa come acquiescenza al conformismo, ignavia, superficialità. La sua indagine contrastava polemicamente la negazione del sentimento, come è stata indotta dalla cultura pseudoscientifica e tecnicistica del '900, a parole indirizzata verso la liberazione delle coscienze e dei comportamenti umani, in realtà volta ad irretire soggetti inconsapevoli, rendendoli docilmente sudditi. Da un secolo viviamo, secondo Anders, in un universo eterodiretto, presi in giro da chi vuole distoglierci dalla storia, chiudendoci in un egotismo esibizionista. Espressioni di fuoco sono quindi riservate alla psicanalisi, "megafono delle potenze conformanti", che vuole renderci tutti sani, vitali, efficienti, privi di complessi, ben funzionanti nella sessualità e nella produttività: togliendoci mistero e delicatezza, attenzione per l'altro e tenerezza: "Non c'è più alcun buco della serratura, perché non c'è più bisogno di chiavi. Non c'è più bisogno di chiavi, perché non c'è più la porta. Non c'è più la porta, perché la camera buia di ieri è oggi uno spazio come un altro". Questo scriveva nel 1950. Fosse vivo oggi, tra grandi fratelli e isole dei famosi...
Recensioni
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Scritti tra il 1947 e il 1949 ma dati alle stampe per la prima volta a distanza di quasi quarant'anni, nel 1986, questi appunti costituiscono una delle espressioni più riuscite dello stile "occasionale" che rende Günther Anders, filosofo ebreo fuggito dalla Germania nel 1933, un intellettuale diverso - non a caso anders, pseudonimo di Günther Stern, significa diverso - un outsider mai integrato negli ambienti accademici né tanto meno nei circoli intellettuali frequentati durante il lungo esilio negli Stati Uniti. Proprio il confronto tra la quotidianità americana e il retroterra culturale europeo costituisce l'occasione per le riflessioni di queste pagine di diario soltanto in apparenza private, in cui Anders traccia una storia delle emozioni, fornendo un'illuminante analisi del ruolo dell'amore nell'esistenza umana. Nell'atrofia del privato da cui è afflitta la società americana, dominata dalla "forza tipizzante" della produzione di massa, da un progressismo dogmatico quanto illusorio, da una "disinibizione programmatica" che nasconde un puritanesimo mai sopito, il filosofo tedesco individua il segno inequivocabile dell'arretratezza emozionale del soggetto nei confronti di uno sviluppo tecnologico sempre più repentino e dalle enormi potenzialità distruttive. Illustrando in anticipo tesi formulate dall'autore in modo programmatico soltanto un decennio più tardi, queste annotazioni evidenziano la necessità di una presa di coscienza delle trasformazioni dell'apparato emozionale dell'essere umano nel corso del tempo, di una riflessione culturale sulla "storia dei sentimenti" quale strumento privilegiato per fronteggiare l'enormità di un mondo sempre più alienante.
Simona Porro
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