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Amabili resti dell'architettura. Frammenti e rovine della tarda modernità italiana - Giulia Menzietti - copertina
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Amabili resti dell'architettura. Frammenti e rovine della tarda modernità italiana - Giulia Menzietti - copertina

Descrizione


Il testo affronta la stagione architettonica del dopoguerra italiano da un punto di vista inusuale, ovvero attraverso lo studio dello stato attuale di alcune celebri costruzioni realizzate tra i primi anni Cinquanta e gli anni Ottanta. Quelli che ora sono ruderi, abbandonati o in via di demolizione, furono edifici vitali, firmati dai maestri più importanti di allora. Questo paesaggio di rovine diventa oggi un utile e involontario catalogo ragionato, che consente di riflettere su alcune questioni cruciali di quel periodo: il rapporto tra architettura e politica, il ruolo degli architetti, e il paradosso tipico di quel tempo, ovvero il contrasto tra la radicalità teorica e la grossolanità delle costruzioni. Come osserva l'autrice, "nella stagione analizzata emerge infatti una distanza rilevante tra la produzione materiale e quella immateriale, visibile soprattutto nel risultato profondamente sbilanciato tra la fortuna critica di quanto è stato stampato rispetto agli esiti di quanto poi è stato costruito". Giulia Menzietti, dunque, riattualizza questi "amabili resti" per collegarli operativamente agli inaggirabili problemi del nostro tempo: dall'interesse per lo scarto architettonico alla questione del patrimonio, dalla conservazione del contemporaneo alla gestione dell'eredità culturale di una generazione di "eroi" finora mai messa seriamente in discussione dal punto di vista del suo lascito materiale. L'Istituto Marchiondi di Vittoriano Viganò a Milano, il convento dei padri passionisti di Glauco Gresleri a Casalecchio di Reno, la colonia Enel di Giancarlo De Carlo a Riccione, il complesso Marchesi di Luigi Pellegrin a Pisa, il Teatro Popolare di Sciacca di Giuseppe e Alberto Samonà, la Casa dello Studente di Giorgio Grassi e Antonio Monestiroli a Chieti, la chiesa di Ludovico Quaroni a Gibellina, la stazione di San Cristoforo di Aldo Rossi e Gianni Braghieri a Milano, il palasport di Vittorio Gregotti a Cantù - tutte queste realizzazioni non vengono qui osservate soltanto come testimonianze di un passato recente, ma vengono anche reinterpretate come frammenti di una nuova geografia del riuso, facendone forse le uniche "nuove terre" della progettazione architettonica nel nuovo secolo. Prefazione di Pippo Ciorra.
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Dettagli

2017
24 agosto 2017
160 p., ill. , Brossura
9788822900609

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Pierluigi
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L'autrice affronta con questo saggio un tema di ricerca sicuramente nuovo, un ambito di studi della storia dell'architettura (ma anche del restauro) che solo negli ultimi due decenni ha conquistato spazio e interesse. Quello dei destini del Moderno, intesto come architetture costruite nel corso del XX secolo (qui ci si concentra sulla seconda metà del secolo e sul paese Italia) , che dopo aver vissuto una giovinezza di notorietà fra gli addetti ai lavori, sulle riviste e nelle pubblicazioni specialistiche, hanno poi affrontato una maturità e infine una vecchiaia fatta di incomprensione nella vita reale, di abbandono e di degrado. L'interesse risiede proprio nel cogliere questo iato, fra rappresentazione e vita, desiderio (il progetto) e realtà (la costruzione spesso incompiuta), oltre alle implicazioni teoriche e pratiche legate alla trasformazione di queste architetture iconiche in vere "rovine" della modernità.

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