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Buon libro, serve sopratutto a denunciare lo stato delle onne negli anni '60, e dei manicomi prima della legge che li chiuse. Lo capisce solo chi ha sofferto di depressione.
Mi aveva colpito il titolo del libro, una storia vera, emozioni di una donna che aveva vissuto per alcuni anni le agonie di un manicomio. Ma è una scrittrice che riproduce legami ed analogie scaturite da sfondi e visioni sessuali, nella descrizione di se stessa e in quella di persone da lei vissute e sulle quali la pseudosessualità ripercorre spesso nei suoi racconti. Qualche amore incontrato nel misero e grezzo manicomio, dove per la scrittrice anche la completezza di un sentimento evaporava sapori fisici e poco intellettuali. La necessità di un amore fisico è quasi sempre citata come la soluzione alla demenza di cui non si sentiva partecipe, fino a sfiorare appena la pochezza delle compagne rinchiuse nella reale mediocrità di un cammino senza speranza. Non intendo mettere in discussione la scorrevolezza del testo che risulta di facile comprensione, invece mi ha emotivamente delusa la volontà di definirsi "diversa" in quanto non ho percepito nulla di così "insolito" in lei, mentre la vera discrepanza sta nel non soffermarsi sulla realtà della malattia mentale anzichè citare versi in poesia, dove il finale è sempre e comunque sul desiderio naturale di femminilità incompiuto.
Un buon libro, una storia triste e commovente..come tante storie vere. Mi ha fatto molta impressione leggere queste pagine, piene di disperazione e depressione, ma con una speranza che nn abbandona mai l'autrice. Belle anche le lettere d'amore e le nuove poesie..per chi ama la Merini un gran bel libro
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