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Una villa del Settecento in mezzo alla pianura. E un quartetto di personaggi in crisi, ossessionati dal fallimento e dal bisogno di soldi. La casa li avvolge e li sconvolge, per metterli definitivamente di fronte al proprio destino. Simona Vinci, Premio Campiello 2016, si inserisce nella grande tradizione delle storie gotiche. Raccogliendo l'eredità di Henry James e di Shirley Jackson, scrive un romanzo vertiginoso e intemperante, che rivela innanzitutto una fiducia inesauribile nella letteratura.
«Ho sempre pensato che le case avessero una personalità e dunque delle intenzioni e a un certo punto della mia conoscenza con quella casa particolare ho cominciato a chiedermi quali fossero le sue e perché ne ero da sempre così affascinata.» – Simona Vinci su Tuttolibri - La Stampa
«Immaginò che da qualche parte potesse esserci l'ingresso di un tunnel segreto che conduceva alle viscere della Terra, in una caverna oscura che conteneva il cuore grasso e pulsante della casa. Un cuore enorme, un cuore tripartito come quello dei rettili e collegato alle vene e ai capillari vegetali che percorrevano muri e tetto.»
A cosa siamo disposti a rinunciare per seguire le nostre passioni? E quanto delle nostre passioni siamo pronti a trasformare in merce, per il denaro e la posizione sociale? Maura ha rinunciato a quasi tutto per la musica, ma adesso non sa se riuscirà piú a cantare come prima: è un soprano piuttosto famoso che ha appena subito un intervento alla tiroide, e ha pure smesso di credere nel legame sentimentale con Fred, il suo agente. Tuttavia ha accettato lo stesso di partecipare all'evento culturale che lui e Marco stanno organizzando in una villa alle porte di Bologna, evento in cui lei dovrà interpretare i cavalli di battaglia di Giuseppina Pasqua, la cantante lirica amatissima da Verdi alla quale era appartenuta la casa assieme al suo misterioso giardino. Ad aiutarla a prepararsi sarà Ursula, la moglie di Marco: è nata in Russia e sarebbe diventata una pianista classica se la sua infanzia non fosse stata segnata dall'abbandono. Presto nella villa cominciano ad accadere fatti inquietanti e senza spiegazione, che trascinano prima le due donne poi anche gli uomini in una spirale di allucinato sospetto. Indagando in modo originale il rapporto tra passione e sacrificio, ma anche le ombre della maternità, la ferocia e l'urgenza delle relazioni umane, e l'affascinante mistero del tempo, Simona Vinci racconta il momento in cui, davanti a tutte le nostre mancanze, siamo costretti a decidere della nostra vita. E lo fa con una costruzione narrativa che ci incanta e imprigiona come la villa in cui è ambientata.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Non è semplice definire e commentare in maniera limpida un romanzo così articolato e controverso. L’opera parte da una base storica molto solida e ricercata, incentrata sulla figura di Giuseppina Pasqua, di Giuseppe Verdi e del panorama socioculturale che attraversa la villa e segna il passaggio tra l’Ottocento e i primi anni del Novecento. All’interno di tale struttura, si inseriscono elementi gotici, surreali, che portano a frequenti salti temporali in grado di sconvolgere la dimensione spazio-temporale.
Un romanzo senza capo né coda: onirico, va per accumulo di argomenti senza concluderne nessuno, il finale della storia rimane aperto e incomprensibile, portato a descrizioni storiche della casa, dei loro abitanti e costruttori. Un guazzabuglio che alla fine ti lascia perplesso e sconcertato, oltre che arrabbiato per l'inconcludenza. Voto 4, senza appello
La mia esperienza con il gotico si ferma a Cime tempestose e Jane Eyre, diciamo che non è proprio il mio genere preferito principalmente perché queste atmosfere mi mettono un po’ di angoscia. Ho voluto però leggere questo libro perché la trama mi ha incuriosita. Devo ammettere che non è stato così angosciante, soltanto in alcuni punti ho avvertito un po’ di ansia, ma niente di insuperabile. Ho apprezzato lo stile di scrittura e anche la storia mi è risultata interessante soprattutto nella prima e nella seconda parte. La casa è protagonista, è un qualcosa di vivo, tangibile e palpitante e i personaggi che si muovono al suo interno ne rimangono affascinati, ma lo stesso tempo sono timorosi nei suoi confronti, avvertendo rumori e sensazioni strane. Quello che mi ha un po’ deluso è stato il finale perché per quanto io abbia capito il gioco che c’è dietro il mistero che regge un po’ tutta la trama, il finale è stato lasciato secondo me un po’ troppo aperto. Inoltre, avrei preferito un approfondimento maggiore sugli altri personaggi (oltre Maura) di cui a un certo punto non si sa più nulla, e per quanto anche questo io lo capisca, qualche frase in più sulla loro situazione l’avrei apprezzata ecco. In definitiva quindi posso dire che è stata una lettura piacevole e di cui non mi pento, ed inoltre non mi ha annoiata, ma non mi ha neanche fatta impazzire, forse mi aspettavo un finale più di impatto visto il livello al quale eravamo arrivati alla fine della seconda parte del romanzo. Mi aspettavo un po’ più di ritmo, di azione, un finale che mi lasciasse sbalordita in qualche modo. Quello che mi è mancato è più che altro il modo, lo stile in cui presentare il finale piuttosto che il finale in sè che invece è appunto, come dicevo prima, abbastanza chiaro. A essere sincera, quindi, non mi è piaciuto il modo in cui è stato esposta la conclusione, mi ha dato l’impressione di essere stata messa lì un po’ troppo velocemente, un po’ raffazzonata.
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