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Almeno per cominciare - Adolf Muschg - copertina
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Almeno per cominciare - Adolf Muschg - copertina
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Descrizione


Nelle quattro storie qui raccolte, Muschg riesce a definire con brevi tratti i destini più dolorosi, a far comprendere verità scomode ma comuni a tutti gli uomini. La sua prosa ritrae eventi apparentemente casuali, momenti di vita quotidiana che rimandano però con insistenza a un "oltre", a una totalità di senso che è compito del lettore ricostruire e rielaborare. Nel microcosmo del matrimonio o della famiglia, queste storie ci mettono davanti la sostanziale solitudine dell'uomo, l'impossibilità di instaurare rapporti autentici fra le persone. Muschg sa scrutare con spirito critico quei segni impercettibili, quelle sfumature delle angosce nascoste dietro l'apparente armonia giornaliera. Tutte le piccole, imponderabili trasformazioni operanti nel vivere umano, che ne compromettono il naturale corso e ne distruggono l'elementarità e la spontaneità, sono registrate minuziosamente. L'irrompere della verità a lungo taciuta costringe i protagonisti di questi quattro racconti a un momento di terrore e, insieme, di puro disinganno, di assoluta onestà.
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Dettagli

2019
27 giugno 2019
123 p., Brossura
9788849711509

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MD
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La sostanza della sua religiosità che ha accolto in sé la conclusione ulteriore (dopo Nietzsche con la “morte di Dio”, la parentesi heideggeriana e le incursioni nell’esistenzialismo di Kierkegaard) che “la morte è Dio”, per il fatto che Gesù stesso ha avuto bisogno di morire per compiere il disegno divino, ritorna infine all’asse portante di tutto il sistema: all’amore, fondamento e nòcciolo essenziale del corpo del Vangelo e, derivato immediatamente dalla sua natura, al rifiuto di ogni declinazione mondana della religione: «Sull’Amore non è possibile fondare nessuna costituzione». L’amore evangelico è al di là di ogni potere, la sua gloria appartiene al Regno celeste, è di una perfetta bellezza: e qui l’intuizione di Muschg si riapprossima a Leopardi, a quel Gesù come innovazione rispetto al passato ebraico e della tradizione classica, pur nascendo, come si è visto, il suo urlo formulato da una forza profonda, il suo essere capro espiatorio, da questo terreno antico, da questa saturazione di esperienza millenaria. Ma segnalando, facendoci percepire l’idea di mondo, e di rassegnazione, di silenzio che lo abitano. E di dolore per il male ineliminabile. Da questa vivace essenziale discrepanza, di tratto in tratto la forza poetica della scrittura di Muschg: di un gallo che strappa l’aria con il suo risplendente canto.

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MD
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Una posizione moderna proprio perché, arrivando al suo nucleo originario, clandestina, e antimondana se letta in chiave leopardiana, vale a dire secondo quel Leopardi che aveva indicato nell’uomo nato dopo Cristo, nell’uomo interiore, separato dall’uomo naturale, il primo barlume di uomo moderno. E come si è detto fra le righe, Muschg supera la rassegnazione implicita nel male, poco evidente induttiva frammentaria proprio a causa del suo mistero, poco percepibile, e segregata nel mutismo delle cose e delle persone, vincendo l’orrore sospeso e drammatico del vuoto di Dio che ha caratterizzato, in una singolare tenzone, fino al centro del centro la filosofia della fine dell’Ottocento e di gran parte del Novecento.

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MD
Recensioni: 5/5

In un libro biografico dedicato a Gottfried Keller, una quarantina d’anni avanti, siamo nel 1977, Muschg concludeva il suo lungo discorso, molto meditato e perfettamente messo a punto, con queste due esplicite frasi, intinte di letteratura e speranza: “La rassegnazione è muta solo per colui che non sappia più percepire la voce della poesia. Essa è una continua persuasione a vivere”. E devono essere lette in coppia con una sua dichiarazione (durante un’intervista) del 1970: “Ciò che oggi mi stimola a scrivere è una discrepanza: fra il muto silenzio che mi viene incontro lungo la strada (nei gesti, negli atteggiamenti delle persone, e anche negli oggetti, in particolare nelle merci) e il mio bisogno di saperne di più, di operare associazioni... ”. Saper percepire il silenzio e renderlo parlante, percepibile agli altri (e con esso, si può presumere, pure la rassegnazione muta) è da sempre l’autentica motivazione dello scrittore. La scrittura è allora, lungi dal diventare una sfuriata di acerbe parole, l’inventario della vita silente (Bestandesaufnahme der Stummheit), la ridda delle immagini senza voce, interiori, e ad un tempo il tentativo di renderla percepibile, insomma il superamento di quella sua stessa silenziosità e rassegnazione. Ha in sé una funzione salvifica. Ci mostra l’esistente nella sua luce giusta. Ama il lato impossibile, negativo, privo di parole, vicino al non essere dell’uomo. La posizione poetica e religiosa dello scrittore svizzero Adolf Muschg, lo avvicina, tramite un punto di consonanza profonda, spirituale, al filosofo Piero Martinetti (per alcuni lati a lui affine) che vedeva “l’originalità di Gesù nel rifiuto della lettera e del potere, nella sua opera di rifondazione dell’uomo religioso secondo l’interiorità e la fede e non secondo il contratto e la garanzia della Legge” (Luigi Baldacci).

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Adolf Muschg

(Zollikon 1934) scrittore svizzero. Nei romanzi, Nell’estate della lepre (Im Sommer des Hasen, 1965, nt), L’intruso (Fremdkörper, 1968, nt), Il motivo di Albisser (Albissers Grund, 1974, nt), e nei racconti, Storie d’amore (Liebesgeschichten, 1972), Lontani conoscenti (Entfernte Bekannte, 1976, nt), narra le vicende di uomini sopraffatti dal potere e chiusi nella rassegnazione, sottolineando spesso il motivo della responsabilità dell’intellettuale. Tra le opere più recenti, i romanzi La luce e la chiave (Das Licht und der Schlüssel, 1984, nt), Il cavaliere rosso (Der rote Ritter 1993, nt), O mia patria! (O mein Heimatland!, 1998, nt), La fortuna di Sutter (Sutters Glück, 2001, nt), Eikan, sei in ritardo (Eikan, du bist spät, 2005, nt). È anche autore dei saggi Letteratura come terapia (Literatur...

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