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E' raro incontrare un romanzo così ben scritto, con personaggi che si imprimono nella memoria del lettore, coi loro nomi che sono già un destino di vita piena e intensa.
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recensione di Bardi, M., L'Indice 1998, n. 3
"Case Venie" è il nome del borgo umbro in cui si svolge il romanzo di Romana Petri, scrittrice appartata e aliena da sperimentalismi, che ha suscitato interesse e raccolto consensi fin dalla sua prima raccolta di racconti "Il gambero blu" (1990), e poi con i successivi "Il ritratto del disarmo" (1991) e "Il baleniere delle montagne" (1993), tutti pubblicati da Rizzoli.
Se lo spazio della vicenda è circoscritto dalle colline, percorse in discesa e in salita dal passo affannoso dei suoi pochi abitanti, il tempo è quello che si stende fra il settembre del '43 e il maggio del '45: tempo di tensioni e guerra, in cui alla fuga dei tedeschi si accompagna la violenza grossolana dei gerarchi di paese. La storia della Resistenza, delineata con precisione attraverso ritratti perfetti, appare tuttavia soltanto una cornice per un romanzo complesso, in cui scelte e caratteri vengono misurati sui grandi temi classici del coraggio e della paura, della solitudine e della comprensione fra diversi. Fin dalle prime pagine si comprende che lo schema della lotta partigiana è adottato come un contesto di sperimentata tenuta narrativa: la scrittura non è in nessun modo neorealista e piuttosto cerca di ricreare uno spazio mitico - come segnalano i nomi dei personaggi: Alcina, Astorre, Aliseo, fino al cane Arduino - che fa pensare alla grande lezione della Morante. In questo senso vanno intesi l'astrattezza e la natura letteraria dei pensieri e dei discorsi, che sono tutti rivolti a risolvere il problema dell'identità (come somma di tutte le vite vissute in successione, dalla nascita alla vecchiaia) e della frattura della comunicazione fra persone care provocata dalla morte.
Alla morte pensa costantemente proprio il personaggio che è al centro dell'intera vicenda, Alcina, "una donna invirilita che per natura tende al brusco": la sua paura, precocemente instillata dall'evento tragico della morte per parto della madre, viene ribadita dalla fine del padre Astorre. Con lui Alcina riesce tuttavia a riallacciare un dialogo vivo, dal momento che lo scomparso non ha trovato la pace, ha dei ripensamenti sulle sue convinzioni fasciste, vuole conoscere gli sviluppi della storia mondana: perché, a differenza di ciò che pensano comunemente gli uomini, "si muore piano, si abbandona la vita lentamente e a ognuno è dato di poter stare e non stare per riuscire a ricomporre il suo giudizio".
Al padre, Alcina è unita da memorie infantili e da affinità del carattere, forte, determinato, sicuro nella distinzione fra bene e male. La madre Amarantina, innocente e sognatrice, è invece ormai "lontana lontanissima", in una condizione priva di rimpianti ed estranea agli antichi legami: il suo ritratto richiama quello del fratello di Alcina, Aliseo, continuamente perso nei suoi pensieri, chino per ore su un disegno a matita e avaro di parole. Sarà proprio lui la giovane vittima su cui si sfogherà la rabbia impotente dei fascisti: le pagine in cui viene descritta la sua esecuzione sono fra le più intense del libro, segnate da una sinistra sospensione e dal rallentamento del tempo; del resto proprio la riflessione sul tempo è il perno su cui ruota tutta la vicenda: conseguenza della caduta di Lucifero, può anche rimanere fermo (come afferma orgogliosamente il partigiano Bitto di fronte agli aguzzini che lo vogliono lasciare marcire in galera) o risolversi dopo la morte - secondo le parole di Astorre - in un permanere senza presente e futuro, in "un'assenza immobile dove tutto si agglutina come in un vortice".
Da parte sua la spigolosa Alcina guarda al tempo storico e interiore come all'orizzonte di una scelta etica necessaria: assolto il compito di riacquistare la libertà per tutti, occorre assumersi il coraggio di cambiare, per non restare ancorati a un tipo fisso, ai dolori, ai ricordi, per non sprecare il "poco tempo che ci viene dato". La prospettiva di un'emigrazione in Argentina, nell'intendimento parenetico dell'autrice, rende completo il rito di salvazione, alludendo alla necessità di trovare una strada unica (aperta dall'amore sempre negato) dopo il difficile passaggio nel negativo della Storia.
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