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Storia inconcludente e personaggi al limite dello stereotipo. a fatica sono riuscita ad arrivare alla fine
Ho preso questo libro sull'onda del bellissimo "ultima stagione da esordienti", ma devo dire che è noioso e a volte scritto male.
Buon libro. Costruito bene. Il giusto tono trasognato, considerata la giovane età dell’io narrante. La scrittura precisa, pulita, lineare soffre però di un abuso di metafore. L’uso eccessivo di certi stratagemmi espressivi toglie forza al linguaggio. (tutti quei come..come..come..) Ma considerando, ancora una volta, l’età del narratore, possiamo chiudere un occhio. Naturalmente chi vuole leggere un Capolavoro (suggerisco ai denigratori del Cavina) deve rivolgersi ad altri autori, ma fatemi sottolineare un po’ i meriti di quest’opera: si tiene alla larga dall’inutile pulp di Ammaniti, dal vernacolo decadente di Brizzi, dalla sessualità ipertrofica e cabarettistica della Vinci. Sciacquette come la Rossanuccia Campo, la Raimo, la Stancanelli, la Cutolo, la Scerman (e mi fermo solo perché voglio fermarmi) buone solo a rallegrarci con i loro estenuanti coiti orali, dovrebbero imparare qualcosa. Queste giovani scriventi non sembrano in grado di rappresentare il mal di vivere in altra forma se non quella sessuale, ormai passaporto sicuro per ogni tipo di editore e per la massa ingorda. Come se il fine ultimo della letteratura fosse quello di esibire e rendere note al pubblico le ossessioni o le beatitudini sessuali di chi scrive. Ben vengano i Cavina se dall’altra parte dello steccato, cioè tra le alte sfere della letteratura dotta, proliferano intellettuali pomposi (nonché molto diversi tra loro) come Piperno-Genna-Baricco, e speculano menti "deliranti" come quelle di Parente-Moresco e compagnia sbraitante.
Recensioni
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