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recensione di Rubino, G., L'Indice 1998, n. 8
A quasi un quarantennio dalla morte, la fortuna di Albert Camus presso i lettori, soprattutto giovani, non conosce eclissi. Merito della qualità delle sue opere, certo; ma anche del fascino di una personalità umana e intellettuale che, lungi dall'esaurirsi nei libri, ha suscitato sempre l'impressione di testimoniare di per sé, con il proprio modo di essere e agire nel mondo. È stato d'altronde lui stesso ad annotare nei suoi taccuini: "A prima vista, la vita dell'uomo è più interessante delle sue opere. Forma un tutto ostinato e teso... Il romanzo è lui".
A sottrarre il carisma di Camus al rischio di appiattimento su periodi e contesti datati ha contribuito tra l'altro, nel 1994, la pubblicazione dei frammenti del romanzo cui egli lavorava prima di morire, "Il primo uomo" (pubblicato in Italia da Bompiani). La forte impronta autobiografica di quest'opera dalle tonalità struggenti ha potuto restituire la stagione forse più intensa e intima della vita di Camus, e cioè quella dell'infanzia e dell'adolescenza algerine, prima della gloria e degli inevitabili effetti di sovra-esposizione. Vi risalta, con la forza evocativa che solo la narrativa possiede, la dimensione mediterranea nelle sue componenti più ancestrali e nella concretezza di una fisicità esaltata da un tripudio delle sensazioni. Per di più, la novità stilistica di un periodare ampio e avvolgente, dal respiro quasi proustiano, ha concorso a risvegliare l'interesse per Camus di una critica che spesso aveva voluto ridimensionarlo, o addirittura rimuoverlo.
Nella scia di quest'ultima manifestazione di una figura d'autore che si credeva di conoscere per intero, la biografia di Oliver Todd arriva al momento giusto per rimettere a fuoco l'immagine di Camus, ripercorrere la genesi e l'evoluzione della personalità umana e artistica, gettar luce sulle estese zone d'ombra dell'io privato, sempre tutelato da un vigile riserbo. Certo, il compito è facilitato al biografo quando, come nel caso in questione, la sostanza umana del suo soggetto è tanto consistente da fornire materia d'indagine e di racconto non subordinata esclusivamente all'illustrazione delle opere. Todd prende peraltro le distanze dall'impostazione della più importante fra le precedenti biografie di Camus, quella di Herbert Lottman, e tiene a precisare: "Nel 1978 il pioniere Herbert Lottman s'interessò all'uomo Camus. Io ho tentato di delinearne i contorni senza dimenticare che fu, innanzitutto, scrittore". L'impresa di Todd cerca quindi di non eludere il confronto con il classico binomio vita/opera: nesso arduo, di norma pressoché impossibile da sciogliere, e tuttavia inevitabile da affrontare in quanto il motivo per cui ci si interessa all'esistenza di uno scrittore è appunto il fatto che ha scritto.
Sul percorso umano di Camus, Todd raccoglie comunque un'impressionante mole di documentazione inedita, basata in special modo su testimonianze personali, ricerche d'archivio, materiale epistolare, oltre che su fonti bibliografiche. L'enorme gamma di dettagli così raccolti viene massicciamente impiegata per ricostruire con minuzia capillare la tessitura quotidiana della vita del protagonista. In virtù di questa scelta, le ottocento pagine del libro si assestano in un andamento lento, talora quasi stagnante, che ben riproduce la temporalità diluita e la complessità relazionale di ogni esistenza individuale se vissuta o comunque scrutata da vicino, piuttosto che condensata in un riassunto postumo. Viene così esorcizzato il rischio, sempre immanente all'istanza biografica, di trasformare in destino la vita del grande uomo: nessuna situazione risulta a priori decisiva, nessun evento è presentato come risolutivo. Come contropartita di una simile strategia si delinea peraltro, nel proliferare delle notazioni minime, una tendenziale frammentazione di tipo puntinista, che non rende sempre agevole seguire gli assi fondamentali di sviluppo dell'itinerario camusiano.
Di questa impostazione di fondo partecipa soprattutto la panoramica sugli anni giovanili in Algeria: anni di studi, amicizie, amori, speranze, delusioni, prove difficili come la malattia o i problemi economici, imprese collettive coronate da alterni esiti (la collaborazione ad "Alger républicain", l'esperienza scenica del Théâtre de l'équipe, il football, la militanza comunista con successiva rottura). L'evocazione del contesto sociale e culturale di Algeri, basilare per la formazione del giovane Albert, si nutre di una miriade di dati concreti, così come le amicizie di Camus vengono menzionate una a una con larghezza di particolari. Si precisa in questo modo l'impronta indelebile di quel radicamento ambientale che indurrà Camus, negli anni cruciali della guerra d'Algeria, a deprecare ogni ipotesi di separazione definitiva della sua patria africana da quella francese.
Analoga abbondanza informativa caratterizza la parte dedicata al dopo-guerra, quando ormai Camus è autore affermato. Qui la ricostruzione serve non tanto a inquadrare un periodo meno noto, quanto a riprodurre fin nelle sfumature l'intreccio simultaneo dei piani del vissuto dell'uomo celebre: la dimensione interiore, le manifestazioni caratteriali, la vita familiare e quella amorosa, la creazione estetica, le relazioni letterarie e culturali, le polemiche pubbliche. Fra i tratti salienti della sfera privata di Camus spicca l'esuberanza del suo dongiovannismo, che mentre moltiplica le conquiste ne tenta nel contempo una gestione pressoché poligamica, fatta salva peraltro la tutela di un "ménage" coniugale e familiare al quale il marito e padre resta sostanzialmente vincolato: si tratta di componenti della personalità che appaiono interessanti non tanto per mero gusto di indiscrezione, quanto perché non traspaiono se non in misura minima da un'opera molto pudica in materia: prova di quanto lo scrittore e la sua invenzione non si somiglino necessariamente.
Pur nell'ambito di un racconto equanime nel narrare grandi e piccole cose senza troppe gerarchie, le baruffe ideologico-politiche alle quali Camus ebbe a partecipare negli anni cinquanta assumono un rilievo specifico. Per quanto riguarda la "querelle" con Sarte a proposito dell'"Uomo in rivolta", della valutazione dello storicismo marxista e della rivoluzione sovietica, Todd prende senza troppe sfumature le parti di Camus e non lesina giudizi taglienti su Sartre. Un biografo non è certo tenuto a mantenersi asettico e neutrale. In effetti Camus non aspettò la caduta del Muro per capire e dire certe verità. Tuttavia, a tanti anni di distanza dagli eventi, non guasterebbe un maggior distacco critico, che consentisse di inquadrare con equilibrio gli atteggiamenti contrapposti nell'atmosfera manichea della guerra fredda. Da questo punto di vista, si direbbe che la ricchezza documentaria profusa nella descrizione del clima francese di quegli anni sia poi insufficiente a propiziare la comprensione delle "impasses" non certo soggettive in cui si arenavano i dilemmi cruciali dell'epoca.
Anche prescindendo dall'accanimento antisartriano, va detto infatti che lo stesso Camus non viene sempre risparmiato, almeno per quello che concerne certe sue residue mitologie di "sinistra" in vari periodi della sua vita. Per di più, gli vengono imputate a un certo punto la "scarsa conoscenza di Wittgenstein e Popper" e una minore celerità di Popper nella demolizione dello storicismo. Entrambi gli antagonisti, Sartre e Camus, sono comunque etichettati con implicito biasimo come "casi tipici di intellettuali francesi del loro tempo", colpevoli di "relativa ignoranza dei dati economici", miopi nei confronti della borghesia, a proposito della quale nessuno dei due comprende che anch'essa, "portatrice di cultura, malgrado i suoi difetti, incarna la società moderna". Quali che siano i limiti delle diagnosi formulate da certi intellettuali francesi del dopoguerra, il loro velleitarismo, la civetteria presenzialista e le generalizzazioni arbitrarie, appare un po' anacronistico rimproverar loro, con il senno di poi, di ragionare e di definirsi in base ai parametri del proprio tempo, e non secondo quelli della società postmoderna di fine millennio. Più serena, forse perché relativa a un soggetto meno scabroso, appare la cronaca degli interventi di Camus sulla questione algerina, che suscitarono incomprensioni e stigmatizzazioni in quanto mirate a una impossibile terza via fra indipendenza dell'Algeria dalla Francia e subordinazione totale variamente codificata.
Al termine del poderoso volume, la fisionomia umana e morale di Camus si delinea con ampia e variegata evidenza di sfaccettature: gusto dell'amicizia e suscettibilità, sincerità e introversione, egocentrismo e generosità, semplicità e sussiego, spirito d'"équipe" e tentazione della solitudine, impegno etico-politico e difesa dell'autonomia dell'artista. Tuttavia, malgrado le buone intenzioni, la relazione fra l'uomo e l'opera non risulta delucidata in profondità e rimane su un piano di giustapposizione esterna. Dei testi risaltano solo i contenuti, a scapito di quell'ordito tematico e formale che invece è decisivo ad assicurarne il valore estetico. I molteplici ragguagli offerti da questa biografia risulteranno preziosi per gli specialisti, oltre che per gli appassionati di Camus; ma non basteranno - e Todd ha l'ammirevole "fair play" di riconoscerlo - a decifrare il mistero Camus, e cioè "a spiegare perché il figlio di un cantiniere e di una donna analfabeta ebbe tanti doni", né a svelare "l'irriducibile segreto della creazione letteraria". Per conseguire un simile risultato, sarebbe occorsa un'ipotesi interpretativa capace di unificare i dati raccolti più che di allinearli secondo i dettami di un prudente e pur lodevole empirismo.
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