Membro di una missione diplomatica francese in visita al Sultano del Marocco, Pierre Loti nella primavera del 1886 viaggia per oltre un mese da Tangeri a Fez e ritorno. La carovana attraversa un inedito deserto, interrotto da torrenti ingrossati dalle frequenti e violente piogge che fanno vivere immensi prati fioriti, su cui spiccano le variopinte figure dei cavalieri inviati dai Caïd locali a scortare la missione sulla strada della capitale. A Fez, ai piedi del grande e innevato Atlante, nella misteriosa Fez interdetta agli stranieri, Loti soggiorna per un paio di settimane, dimorando – con la complicità di un amico e travestito con abiti arabi – in un quartiere della vecchia città. A più di cento anni da quei ricordi, Loti ci riconsegna un libro di viaggio personalissimo, narrato in prima persona con stile impressionistico, con l’animo affascinato dalle atmosfere arabe eppure venato da quell’eterna malinconia che è stato il principale tratto stilistico di questo scrittore e che gli ha fatto guadagnare il successo ai suoi tempi, un successo che in Francia e anche in Italia sì è rinnovato in questi ultimi anni. )
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