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Anno edizione: 2011
Anno edizione: 2011
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«Sentiva che il momento voleva un segno, un gesto che gli desse un significato. Un atto qualsiasi doveva congiungerlo con l'attimo fuggente, se non voleva ch'esso svanisse, senza portar via nulla di lui.»
Romanzo "profetico" che prende il titolo dal discorso tenuto da san Paolo nell'Areopago di Atene, «Al Dio sconosciuto» fu pubblicato nel 1935 e tradotto da Eugenio Montale nel 1946. Racconta la storia di un contadino, Joseph Wayne, che lascia la vecchia fattoria del Vermont per traversare l'America e stabilirsi insieme ai fratelli in una fertile vallata della California. Le vicende, talora cruente, che si susseguono nella "terra promessa" raggiunta da questo indecifrabile sacerdote-colono, danno luogo a un quadro di sapore pagano – primitivistico – che Steinbeck ammanta di una luce sacrale.
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Steinbeck tradotto da Montale: due Nobel in un romanzo che è assolutamente riduttivo definire un capolavoro. In poche centinaia di pagine è racchiusa la perfezione narrativa, la poesia piú sublime. Dopo aver a lungo ripercorso i romanzi letti e amati negli ultimi decenni, posso considerare Al Dio sconosciuto il romanzo della mia età adulta. A Valentino Bompiani spero possa giungere il mio piú profondo grazie.
Tanta poesia: una natura predominante e protagonista assoluta, descritta con vivida passione, tanto da restare ammaliati! È incredibile la forza del linguaggio che Steinbeck usa in questa intensissima opera, così ricco e variopinto. Non so se questo dipenda interamente da lui o in parte dalla traduzione di Montale, ma la bellezza di queste pagine è travolgente, la storia, come sempre, una lenta, feroce stretta allo stomaco. Superbo!
Joseph fa sua la benedizione del padre e parte per possedere una terra tutta sua in California. (Siamo vicini alla Valle del Salinas, che vuol dire "casa" per i lettori di questo superlativo Premio Nobel). J. vi si stabilisce, coltiva e alleva, costruisce la propria casa, accoglie i fratelli quando lo raggiungono dopo la morte del padre, prende moglie e diventa a sua volta padre. Più di tutto teme una cosa: la siccità. Perché lui è la terra stessa. E quando l'albero di quercia muore, l'albero attorno al quale ha costruito tutto e al quale ha confidato i suoi più reconditi pensieri, qualcos'altro intorno a lui comincia a morire. Una storia epica, una famiglia che ruota attorno alla figura di un uomo mitico, un semidio forse. Il tutto immerso nelle splendide immagine che la penna di Steinbeck ci regala.
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