Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Dati e Statistiche
Wishlist Salvato in 2 liste dei desideri
Al cinema non fa freddo
Attualmente non disponibile
9,32 €
-5% 9,81 €
9,32 € 9,81 € -5%
Attualmente non disp.
Chiudi
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
Libraccio
5,40 € + costi di spedizione
attualmente non disponibile attualmente non disponibile
Info
Usato
Aggiungi al carrello
ibs
9,32 € Spedizione gratuita
attualmente non disponibile attualmente non disponibile
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
ibs
9,32 € Spedizione gratuita
attualmente non disponibile attualmente non disponibile
Info
Nuovo
Altri venditori
Prezzo e spese di spedizione
Libraccio
5,40 € + costi di spedizione
attualmente non disponibile attualmente non disponibile
Info
Usato
Aggiungi al carrello
Chiudi

Tutti i formati ed edizioni

Chiudi

Dettagli

1997
Tascabile
1 dicembre 1997
256 p.
9788886081689

Voce della critica


recensione di Moscariello, A., L'Indice 1998, n. 5

Sono almeno due i casi in cui da noi la recensione cinematografica si è innalzata al rango di genere letterario autonomo. Il primo caso, da tutti riconosciuto, riguarda i resoconti di un critico d'eccezione come Attilio Bertolucci (di un poeta, cioè, innamorato da sempre del cinema); il secondo caso, più controverso, riguarda le cronache cinematografiche pubblicate dallo scrittore napoletano Giuseppe Marotta sul settimanale "L'Europeo" tra la fine degli anni cinquanta e l'inizio dei sessanta.
A fugare ogni dubbio sulla qualità dei pezzi di Marotta provvede ora una raccolta dei più significativi tra essi. L'antologia si presenta come una versione ridotta delle precedenti cinque raccolte uscite all'epoca da Bompiani, e organizza in capitoletti tematici il flusso travolgente di un decennale abbraccio d'amore (e di guerra) tra lo scrittore e il cinema.
Il libro ci restituisce tutto il piacere della prosa fantasmagorica e immaginosa dell'autore di "L'oro di Napoli", una prosa ricca di impennate ora barocche ora surreali, ma sempre sorvegliata da una misura rondista che protegge la pagina da ogni eccesso di scrittura. Qui ad accendere la fantasia di Marotta non sono le cose di tutti i giorni ma sono le immagini dei film visti ("visti e perduti", come recitava il titolo di una delle raccolte ricordate), in uno scambio continuo tra lo schermo e la vita, in un prolungamento della realtà nella finzione che rende l'esperienza filmica coinvolgente, totale e anarchica (e questo suo non essere allineato con le "chiese" allora dominanti costò a Marotta l'emarginazione da parte della cultura "alta" - come ricorda opportunamente Fofi nella postfazione quando ne evidenzia la "libertà dello sguardo" e "l'affabulazione girovaga").
Pagine sul cinema belle e godibili, dunque, ma non solo. In esse Marotta si rivela tutt'altro che un critico "di gusto", buono per settimanali popolari. Si rivela essere uno spettatore dotato di una sua precisa "idea di cinema" e non a digiuno delle "teoriche del film" allora in voga (nel bene e nel male). Come quando, in polemica con Zavattini, si pronuncia sui rapporti tra cinema e letteratura e si affretta a dichiararne - per il bene del cinema - la profonda inconciliabilità: "Oggi il mio vecchio Cesare, al Convegno di Milano, sentenzia: 'Il cinema ai letterati, perché il cinema si fa con le idee'. Ma sei pazzo, Cesare? 'Niente cinema ai letterati' - obietto io -, perché il cinema si fa con le idee, ma con le idee cinematografiche".
Questo credo nell'"idea filmica" porta Marotta a negare ogni valore ai tanti film di stampo teatral-letterario sugli schermi in quegli anni, in nome di quel cinema-cinema che per lui è rappresentato da registi come Flaherty, Chaplin e Dreyer, tutti fautori di una poesia cinematografia basata sull'equilibrio ("Questo è, la poesia: un meraviglioso equilibrio, una trasfigurante, consolatrice, indubbia giustizia"). È la stessa convinzione che lo induce a mettere in guardia Fellini (che ama, e definisce "un crepuscolare", uno che "gira i film con il lapis") dai pericoli della "bassa" letteratura (nei pezzi su "La strada" e "Le notti di Cabiria, "mentre il plauso per "La dolce vita" sarà incondizionato) e Antonioni (dinanzi a lui resta perplesso, pur cogliendone le improvvise "illuminazioni") da quella troppo "alta" e spesso ermetica (a proposito di "La notte "e" L'avventura").
Ma la vera bestia nera per Marotta è l'intellettualismo coniugato con il populismo di marca ideologica. Di fronte a esso non resiste, e giù ironie, sfottò e anche ingiurie. Lo prova l'appassionata polemica con Pasolini, reo di aver definito Marotta "parolibero" e "napoletanuccio", e oggetto, quindi, di una risentita replica in cui viene accusato di essere un intellettuale "tetro", "demagogico" e "presuntuoso" (anche se ciò non impedirà al "napoletanuccio" di acclamare "Accattone", definito "un film angelico travestito da film diabolico" - esattamente come sarà tutto il futuro cinema di Pasolini). E lo provano i giudizi su Visconti "l'apostata", di cui applaude "Senso" ma definisce "Ossessione" "il palazzo dell'ibrido" e "La terra trema" "il palazzo della noia" (in feroce contrasto con il "sabbioso" teorico del "realismo" Aristarco).
E poi, su un altro versante, le pagine esilaranti sui film popolari di Gallone - si veda l'attacco della recensione a "Cartagine in fiamme": "Corre (invano, poiché lo sceneggiatore De Concini, lo raggiunge, lo agguanta e lo riduce a una polpetta, il 149 a.C.)" - e sui melodrammi di Matarazzo ("L'angelo bianco" definito "l'anagrafe dei guai") e le pagine pirotecniche su Totò (comico "dalla mascella deragliata" che fa ridere e sospirare e da lui esortato a volersi più bene e a dar retta "ai suoi connotati surreali" stando alla larga dal facile naturalismo).
Prose vive e visionarie, queste di Marotta, come i film che raccontano, capaci di far luccicare l'oro presente in una stagione memorabile del cinema italiano ma anche di valorizzare meno nobili leghe nostrane (per quelle del cinema straniero, speriamo in una successiva raccolta).
Prose da cui emana una fascinazione per il cinema e soprattutto una fiducia nell'amore: "Tutto quello che si ama è vero: amate l'inesistente e l'inesistente esisterà". E a questo, e non ad altro, ci invita ogni giorno il cinema.

Leggi di più Leggi di meno

Conosci l'autore

Giuseppe Marotta

1902, Napoli

Giuseppe Marotta è stato uno scrittore italiano, nato a Napoli. Si trasferì a Milano nel 1925, dove si dedicò al giornalismo. È noto per i suoi racconti, specie d’ambiente napoletano, intessuti di umorismo, di fine osservazione dei fatti e dei caratteri, di un’abbondante ma non corriva vena sentimentale. Si ricordano L’oro di Napoli (1947), da cui venne tratto l’omonimo film di De Sica, A Milano non fa freddo (1949), Gli alunni del sole (1952), Coraggio, guardiamo (1953), Gli alunni del tempo (1960). Delle sue commedie, scritte in collaborazione con B. Randone, la più nota è Il califfo Esposito (1956).

Chiudi
Aggiunto

L'articolo è stato aggiunto al carrello

Chiudi

Aggiungi l'articolo in

Chiudi
Aggiunto

L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri

Chiudi

Crea nuova lista

Chiudi

Chiudi

Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.

Chiudi

Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore