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Non sono avvezza a fermare su carta le sensazioni di un libro, soprattutto, non sono abituata a renderle evidenti all’occhio ed al pensiero altrui… e poi, come si fa a fare una “recensione” senza annoiare o senza svelare le arcane fondamenta di un racconto così solare, pieno di immagini, colori e profumi, ma così altrettanto oscuro, profondo e rivelatore? L’unica mia certezza, davanti alla tastiera, è che chi ama viaggiare, come me, deve essere disposto anche a lasciar andare corpo ed anima alla ricerca del proprio tesoro, che può essere “nient’altro che l’acqua della vita”, o anche “semplicemente” il viaggio in sé stesso, oltre i confini della fantasia, affrontando meraviglie o rischiosissimi “specchi”... E così ho intrapreso il viaggio, abilmente pianificato dalle mappe di Riccardo Sghedoni e Luca Incerti Spalanzani: navigando in acque cristalline o nere come la benda di un pirata, ho incontrato creature misteriose e mostruose, panorami lunari sempre agognati, sensazioni di terrore e ribrezzo, luci avvolgenti.. ho chiuso gli occhi e, accarezzata dalle brezze caraibiche, mi sono ritrovata in una spiaggia bianca, solcata da uomini di epoche diverse, i cui granelli sono stati tuttavia pronti ad ospitare una linea unica ed invisibile, che tutto conserva nei secoli ma poi inevitabilmente rivela. E dopo tanto navigare, anche io ho ritrovato “il mio tessoro”, una pietra! La stessa pietra che in un altro momento del mio camminare aveva ricevuto un nome per accompagnare qualcun altro in un viaggio senza ritorno: insieme a quella pietra evidentemente mi ero persa anche io, ma accompagnando Alastor e Archie nei loro mari, anche io ho scavato dentro di me, fino a rinvenire quel forziere sepolto nell’anima… “dopodiché fu luce. Luce”. Al ritorno dalle lontane terre d’oltreoceano ho capito così anche io che “ci sono più cose naufragate in fondo ad un’anima, che in fondo al mare”. Magie di un libro!
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