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Trovo il romanzo di Rosita Romeo nel solco della tradizione del flusso di coscienza aperto da Virginia Woolf. Un intreccio fatto di emozioni ed esitazioni di un mondo femminile in costante tensione verso l'avventura del desiderio. Il sapore del pepato e rocambolesco romanzo di damigelle e cavalieri, degli scaltri inganni e innumerevoli trabocchetti di chi voglia sognare ad occhi aperti il gioco della seduzione. La logica qui c'entra poco, a parte il sapiente gioco a incastro e scientifico dei differenti piani ed episodi narrativi che s'intersecano in leggiadre dissolvenze. È un romanzo elegante, corposo e gustoso, cucinato a dovere, come una buona ricetta. È tutto immaginato ma quanto lascia immaginare è ben altro, è malizioso. Ci mostra come dietro i cliché della femminilità, la vigorosa e coltivata ragione e il lusso della riflessione siano il segreto lavorio che solo consenta la trasgressione della libera immaginazione. Ci insegna allora come il passaggio all'atto talvolta non sia all'altezza. Sognare forte, ad alta voce ecco la parte femminile di una donna che sa di esserlo!
Un bel romanzo: intenso, appassionato, a tratti commovente. Seguire Eleonora nelle sue realistiche e umanissime avventure (tra l'altro molto ben narrate) induce a riflettere anche chi fa parte dell'altra metà del cielo rispetto al mondo femminile...
Il libro si legge speditamente. L'autrice mette in moto un flusso di coscienza interessante ma che non risolve il problema di una società che vuole la famiglia caposaldo anche della nostra interiorità. Dove l'esclusiva dei rapporti fisici rende vieto il resto del mondo. L'immaginifico a cui Eleonora ricorre, per compensare, è una sorta di placebo, buon per lei se riesce a nutrirsene. Di fatto l'insoddisfazione traspare da ogni pagina. E non è una questione di lieto fine che può anche non esserci. Direi piuttosto di resa, ed è sempre un peccato.
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