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Anno edizione: 2011
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Con tutta la simpatia che si può provare per la volenterosa autrice, non posso che mostrare fortissima perplessità di fronte a questo libro. Da sconsigliare, onestamente, a meno che non desideriate un racconto persino meno che elementare di ciò che un soldato italiano può aver fatto in Afghanistan nel suo turno di missione. Onestamente, se proprio volete leggere di un militare italiano in Afghanistan, consiglierei "Missione in Afghanistan" o "Ring road", due letture di ben altro livello. Inizio dalla forma, gravemente carente nella punteggiatura e nella fluidità (taccio sul prezzo del libro in proporzione alla mole del lavoro: una cinquantina di pagine scarse e pure "allungate"), per passare alla sostanza, fatta di frasette banali e di un quasi nulla da raccontare. Non so proprio di cosa parli il lettore della recensione precedente alla mia, quando dice che ci sono dei tecnicismi. Macchè, nulla, magari. C'è qualcosa da salvare? Beh, con un certo sforzo sì: la critica, nelle ultime pagine, per lo scarso equipaggiamento e la scarsa preparazione del personale inviato sul campo (nell'esperienza dell'autrice, che non contesto, ma alla quale contrappongo ciò che invece descrive con maggiore dovizia di particolari Crainz, medico della Folgore, nel suo "Missione in Afghanistan"), e la sua buona volontà, che la spinge a sostenere umanamente delle persone afgane, le cui vite si sono incrociate con la sua e alle quali non ha fatto mancare il supporto, raro esempio di sensibilità e generosità. Rispetto a quest'ultimo aspetto mi inchino.
In una narrazione non perfettamente fluida e, a volte, piena di troppi tecnicismi emerge l'esperienza di una nostra soldatessa in una delle tante e infinite missioni di pace in Afghanistan. Possiamo leggere di bambini feriti, di donne sottomesse, non istruite e coperte dal burqa. Possiamo leggere della vita quotidiana dei soldati, delle differenze con quelli provenienti da altre nazioni, delle paure, degli occhi gonfi di lacrime per un collega caduto e dell'orgoglio di indossare la divisa e di contribuire in qualche modo al miglioramento delle condizioni di vita di un popolo sottomesso alla follia e alla crudeltà del regime talebano. Avrei attribuito 3 stelle, ma l'ultimo capitolo è coraggioso. L'autrice ha il coraggio di criticare le missioni di pace, gli equipaggiamenti, la giovane età dei soldati inviati in luoghi così "caldi" e di parlarne, secondo la mia modesta opinione, in modo molto obiettivo.
Recensioni
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