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Anno edizione: 2019
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Quando uscì fu un caso editoriale. A distanza di dodici anni torna in libreria il romanzo d'esordio della scrittrice Flavia Piccinni: una storia d'amore, d'abuso e di morte in una Taranto violenta e bellissima
«Una voce convincente e precisa fin dall’attacco» – Michele De Mieri su «il Venerdì»
«Un romanzo maturo, dalle tinte cupe, senza concessioni al giovanilismo» – Paolo Di Paolo su «l’Unità»
«Un romanzo d’esordio che è un colpo al cuore» – Antonella Lattanzi su «Stilos»
Amare, e nell'amore morire. È questa la storia di Martina, che ha diciassette anni, che vive a Taranto, che conosce l'abuso e la dipendenza, che trova nell'ossessione una zattera per una momentanea, disperata, felicità. Intorno a lei un Sud perbenista e ipocrita. Dentro di lei la violenza assoluta come si conosce solo nella giovinezza. La sua storia, malinconica e aspra, la racconta direttamente lei. Per come l'ha vissuta. Per come l'ha uccisa.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Con una schiettezza intensa ed efficace quanto a tratti ruvida, questo romanzo, esordio letterario della scrittrice Flavia Piccinni e datato 2007, è prepotente e tagliente come solo certe parole sanno esserlo, affrontando alcuni temi, ancor oggi, considerati scabrosi. L’adolescente Martina, studentessa all’ultimo anno di un liceo classico a Taranto, è protagonista e voce narrante di questo libro in cui c’è tutto: l’incomunicabilità genitori - figli, gli abusi fisici e quelli psicologici, la denuncia sociale sull’inquinamento prodotto, negli anni, dall’ILVA e che hanno reso la città, sfondo della storia e luogo natale della stessa autrice, invivibile e degradata. Con un ritmo incalzante, riga dopo riga, questo libro gronda dolore e mi spinge in un abisso insieme alla protagonista Martina. Tutto commuove ed è un misto tra consapevolezza e inconsapevolezza: Taranto e il suo cielo che, devastato di nuance, non era magia né bellezza ma solo inquinamento; Viello che non era il suo fidanzato, il suo amante o il suo unico amore ma, unicamente, un predatore sessuale. Il romanzo non concede sconti alla realtà e la storia, a tratti senza omissioni, è arricchita talvolta da parole spietate che graffiano la carta e il cuore. La prosa è caratterizzata da paragrafi brevi e senza interruzione in capitoli. Ciò accentua il ritmo serrato e dà rilievo al flusso d’angoscia che, snodandosi tra le pagine, è palpabile in ogni riga. Flavia Piccinni padroneggia bene lo stile, regalando a Martina naturalezza e lucidità, e a noi lettori un esordio già maturo. E’ stata, infatti, talmente brava a far provare alla protagonista la disperazione tipica delle vittime, da indurmi a pensare che fosse un romanzo autobiografico, visto anche che lo ha scritto a soli ventuno anni. Quest’opera non lascia indifferenti e costringe a riflettere soprattutto gli adulti che ruotano intorno agli adolescenti e che, alle volte, non vogliono vedere la cruda realtà che si pone di fronte ai loro occhi.
Il libro mostra la spudoratezza del dolore e della violenza dall'inizio alla fine, l'amarezza dell'essere bloccati immobili in dei ricordi di eventi che non possono essere cambiati. È coerente e realistico nel raccontare che, spesso, la vita non può avere un lieto fine
Ciò che ruto intorno alla storia (il problema ambientale) è ciò che affligge chi vive a Taranto e nei ditorni. Penso che ci siano diverse chiavi di lettura in questo testo, e ognuno legge quello che vuole. Chi non conosce Taranto, forse, si sofferma poco sulla situazione ambientale descritta in toni così aspri e purtroppo veritieri... Mi sento di lodare questo romanzo perchè Flavia Piccini, giovane autrice poco più che ventenne, con il suo lavoro ha dato uno dei tanti contributi di cui la città ha bisogno! Tutti devono sapere cosa succede quì! Solo portando alla ribalta delle cronache nazionali (come d'altronde sta succedendo) la nostra drammatica situazione ambientale, potremmo sperare di poter respiurare a pieni polmoni!
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