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Quando si è al lavoro si ha voglia di abbracciare, ma a volte anche di mordere! Quante delusioni, anche intime, si possono accumulare quasi senza accorgersene: la collega che ti saluta appena, il commento acido sentito per sbaglio passando davanti alla porta del capo, il pettegolezzo attorno alla macchinetta del caffè che la tua paranoia ti fa subito pensare che sia riferito a qualche cavolata che hai fatto (anche se poi ti consoli dicendo: tutta invidia!). Ho trovato in questo libro tante piccole storie che ritraggono anche me: quando sono esaltata perché ho fatto bene qualcosa, e quando sono depressa perché mi pare di non essere apprezzata, che il mio lavoro non conti niente. Sì, diciamo che queste otto ore (o nove o dieci) non contano, che quello che conta lo facciamo fuori dall'ufficio, la famiglia, il fidanzato, i nostri hobby. Una cosa importante: tirarli fuori questi sentimenti (beh, magari senza mordere!), cercare di comunicarli agli altri, capirsi, non lasciare quelle cose non dette che alla fine rovinano i rapporti. Perché poi queste otto o dieci ore sono una parte importante della vita, è dove ci misuriamo anche con noi stessi, con le nostre capacità, l'apprezzamento degli altri, l'abilità di costruire rapporti decenti. Un piccolo libro, ma davvero un pozzo di suggerimenti sensati.
Non male. Il libro raccoglie storie di vita e di lavoro di persone "normali" che sono riuscite a trovare un modo per realizzarsi nella loro professione. Le autrici sottolineano come la vera rivoluzione al giorno d'oggi è proprio questa: trovare soddisfazione in ciò che si fa, riscoprire la passione di un progetto, di una collaborazione. Sembrano frasi fatte, ma leggendo queste pagine si capisce che è la cosa più difficile da raggiungere in un lavoro: più dei soldi, della carriera, e di tutto quello che ci spacciano come "lo scopo della vita". Una lettura che mi ha dato parecchi spunti di riflessione: grazie!
Recensioni
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Giovanna Galletti, Gianna Mazzini e Luisa Pogliana con Abbracciare l'orso propongono una serie di storie e riflessioni sul mondo del lavoro e i sentimenti.
"Sono andato a visitare il nostro call center. Il direttore aveva fatto sistemare in un angolo un gigantesco orso di peluche. Quando le persone non ce la fanno più, possono andare ad abbracciare l'orso, mi ha detto. Ero allibito, ma effettivamente ogni tanto qualcuno si alzava e andava..."
Gli uffici assomigliano sempre più a deserti emotivi: ansie, conflitti, frustrazioni sono all'ordine del giorno; sentimenti e affetti restano fuori dalla porta, sostituiti da surrogati più o meno fittizi. Eppure, invertire la rotta si può. Come? Portando alla luce la carica di passione, di eros, di gioco nascosta in ogni lavoro, anche nel più umile o noioso.
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