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Latronico – per Wikipedia 4.615 abitanti – è un paese della provincia di Potenza. Non ci sono particolari monumenti che lo rendono speciale, non rientra nelle tappe obbligate del turismo in Basilicata e non custodisce un museo imperdibile: eppure è un luogo che ha acquisito una certa rilevanza per l’arte contemporanea. Lo si deve a un progetto sincero, curato con impegno, senza fronzoli modaioli, badando alla sostanza dei processi partecipativi. È questo lo scenario nel quale, dal 2005, si svolgono progetti d’arte contemporanea, talk, mostre e, in particolare dal 2009, progetti di arte pubblica e collettiva, a stretto contatto con i luoghi e i ritmi dei cittadini, persone comuni che vivono ogni giorno dell’anno, anche nei gelidi inverni lucani, il rapporto con quelle opere. Le proteggono, le osservano, le comunicano a terzi attraverso la loro testimonianza, sensibilizzando magari gli ospiti del paese a comprendere la natura di una pianificazione curatoriale che però è nata dal basso, da un’idea di condivisione di principi e idee. Tutto ciò emerge dalla successione di testi critici, narrazioni e immagini nelle circa trecento pagine di A Cielo Aperto. Pratiche di collaborazione nell’arte contemporanea a Latronico. Il volume è composto da un apparato fotografico e da schede approfondite sulle opere concepite per A Cielo Aperto dagli artisti invitati di volta in volta ogni estate nel paese. Mentre i contributi teorici – di Maria Teresa Annarumma, Pietro Gaglianò, Elio Grazioli, Marco Petroni, Alessandra Pioselli, Leandro Pisano, Pietro Rigolo e Gabi Scardi – analizzano con efficacia attitudini e progettualità dei singoli artisti coinvolti e di ciò che Bianco-Valente e Campanella sono riusciti a costruire nel paese del Pollino.
Ma facciamo un passo indietro. Nel 2005 l’Associazione Vincenzo De Luca, dedicata alla memoria di un metalmeccanico del paese appassionato di pittura e residente a Sesto San Giovanni, organizza una mostra delle sue opere, senza titolo, in omaggio a una vita infranta troppo presto. Lo rammenta la Presidente dell’Associazione, Elisabetta De Luca, nelle primissime pagine del libro. I passi successivi sono legati all’indagine che si è sviluppata da quel momento in poi. Nei testi introduttivi di Giovanna Bianco, Pino Valente e Pasquale Campanella emerge la volontà di recuperare la storia di quel luogo e di quell’area, di indagare pensieri e prospettive ma dall’interno, contro l’idea – ancora oggi molto diffusa – di calare dall’alto progetti d’arte. A Latronico si sono invece attivate pratiche virtuose, anche tra gli stessi artisti, coinvolgendo cittadini, commercianti, studenti fuori sede e residenti nei paesi vicini. D’altronde il dialogo e la riflessione costante e partecipata sono i punti di connessione del pensiero che guida il lavoro di Bianco-Valente sin dalle loro primissime esperienze. Giovanna Bianco è di Latronico e vive a Napoli dai tempi dell’università, conosce i ritmi e gli umori del paese ed è per questo che ha potuto comprenderne dinamiche e processi.
La cronistoria delle attività della fondazione e altri apparati con testi e riflessioni raccolte da Giusy Checola completano il volume. Fabrizio Bellomo, Francesco Bertelè, gli stessi Bianco-Valente, Stefano Boccalini, Andrea Gabriele e Andrea Di Cesare, Antonio Ottomanelli, Giuseppe Teofilo, Eugenio Tibaldi e Virginia Zanetti – sono solo alcuni degli artisti invitati in questi anni – che hanno contribuito, con le loro opere site-specific, a incentivare la crescita di un piccolo paese. L’hanno reso più bello, vivo. Talvolta con interventi anche effimeri, ma spesso efficaci. Coinvolgendo un pubblico non più passivo.
Recensione di Lorenzo Madaro.
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