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Anno edizione: 2018
Anno edizione: 2020
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A Caso, raccolta di racconti del 1975, Premio Strega lo stesso anno, è stato il gran finale - con un certo grado di approssimazione - del percorso letterario di Tommaso Landolfi, scomparso poi nel 1979 senza ulteriori opere (romanzi e racconti) in vita. Il livello è costantemente (o quasi) altissimo tra racconti maggiormente lineari e di trama, forse più vicini al gusto attuale, e altri che funzionano come schegge, giochi ed elevate esercitazioni su alcuni dei più abitudinari di Landolfi. Ne consiglio la lettura.
Mi permetto di rasentare la blasfemia letteraria, e per una voltai dissentire dai sempre eccelsi giudizi critici di Alda Airaghi. Anche se l'immenso Landolfi già da ragazzo mi aveva letteralmente rapito e condotto dentro i suoi mondi surreali e fantastici, questa raccolta di racconti non sono riuscito ad apprezzarla, poche idee stanche come le atmosfere ormai sbiadite e le trame per nulla efficaci, un continuo amaro sberleffo ma poco corrosivo, stantio e ripetitivo. Siamo molto distanti da tutti quei capolavori che il burbero genio laziale produsse nei primi 25 anni di carriera, raccolta questa del '75 che vinse il premio Strega, onoreficenza che avrebbero dovuto assegnare a Landolfi tanto tempo prima. Buone soltanto le prime due storie, di cui la prima (il racconto più lungo), "A caso", ricorda per qualità d'atmosfera uno dei migliori racconti della maturità artistica, ovvero "La muta". L'autore stesso in quegli anni rimpianse con nostalgia le sublimi ispirazioni artistiche che caratterizzarono i suoi straordinari romanzi brevi o novelle e i migliori racconti surreali e visionari. Per chi volesse accostarsi per la prima volta a questo scrittore sopraffino, inclassificabile e intimamente perturbante consiglio la lettura delle sue prime tre antologie di racconti, (Dialogo dei massimi sistemi - Il mar delle blatte e altri racconti - La spada) o di alcune novelle, vere pietre miliari del fantastico europeo novecentesco come "La pietra lunare", "Racconto d'autunno", "Le due zittelle" e perchè no anche il fantascientifico "Cancroregina".
L’autore utilizza qui arcaismi, termini desueti, o addirittura incomprensibili, evidenziando così la sua decisa presa di posizione in favore di una letteratura esente da qualsiasi finalità didattica o di impegno, ma incentrata sull’eleganza formale, sulla cesellatura della parola, in una sfida esibita alla banalità lessicale, alla superficialità della costruzione sintattica, alla pesantezza realistica. La maggior parte dei racconti assumono una struttura dialogica, privilegiando la configurazione del contrasto ideologico, del confronto pungente tra due posizioni eticamente avversarie. Quando i protagonisti sono una coppia eterosessuale, il duello verbale tra uomo e donna si risolve in una schermaglia da minuetto settecentesco, oppure in un assedio crudele e morboso, o in caustico divertissement: l’eros non offre piacere, ma sempre umiliazione, noia, insulso confronto di prestazioni sessuali, e va quindi trattato con grottesco umorismo o con sconforto Nel caso invece di una disputa ideologica, l’argomentazione si fa più acuta e penetrante, quasi da dissertazione sofistica. Allora ci troviamo davanti a piccoli gioielli corrosivi e irriverenti, come in Le Maiuscole, in cui un personaggio si fa beffe della Storia italiana e universale. Ateo, anticlericale, misantropo, Landolfi alleggeriva il suo pessimismo con l’eleganza divertita del gioco, che non solo rappresentava materialmente il suo demone privato e dilapidatore, ma indicava letterariamente una propensione all’inganno, allo scherno verso qualsiasi borioso credo nelle magnifiche sorti e progressive. Privo di complicità ed empatia verso il prossimo, sprezzatore del senso comune e di qualsiasi imposizione dispotica del potere, nella mordacità non risparmia nemmeno sé stesso. Plumbeo, estraneo al mondo, esprime una solidarietà alla tipologia umana più simile al suo carattere: a coloro che, feriti dall’incomprensibilità dell’esistere, scelgono l’avvilimento dei gesti e dei pensieri.
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