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Bologna, 2 agosto 1980. La gente che affolla stazione della città ha in mente di raggiungere i meritati luoghi di villeggiatura dopo un anno di lavoro o studio. Famiglie, uomini, donne, vecchie e bambini aspettano i treni che li porteranno nelle località di vacanza. Alle 10.25 accade in finimondo: un’esplosione fa crollare la stazione e dilania i corpi di centinaia di persone. La deflagrazione è dovuta a una bomba ad alto potenziale che causa la più grande strage della storia della Repubblica: 85 morti e 200 feriti. Chi è stato? I giornali e la politica attribuiscono subito la responsabilità al terrorismo di estrema destra. Ma a distanza di 40 anni ci sono troppi misteri, incongruenze, depistaggi che fanno sì che la verità giudiziaria che attribuisce la colpa a Mambro, Fioravanti, Ciavardini e Cavallini non convincono proprio quell’area politica e umana che è stata messa sotto accusa. Gabriele Marconi con questo libro scritto sotto forma di un monologo teatrale che ripercorre le vicende di quella carneficina, con il suo carico di lutti, dolore, disperazione che ha colpito i familiari delle vittime e dall’altra parte ha costretto chi in quell’ambiente si riconosceva a trascorrere anni di carcere, di persecuzione e di condanna mediatica e di conseguenza dell’opinione pubblica. Il libro, in poco più di 100 pagine, ripercorre quella terribile vicenda che ha sconvolto le vite di chi è stato vittima in primo luogo, ma anche di chi è stato messo sul banco degli accusati, fornendo un’interpretazione alternativa alle carte processuali che sono emerse dopo anni di udienze e cercando di ristabilire una verità giudiziaria e storica che tutt’ora non c’è perché sono tante, troppe le assurdità che Marconi mette in evidenza e che lo stesso Autore, appartenente a quell’area politica, afferma che è interesse di chi in quell’ambiente ha militato, anche sbagliando, come nel caso di Mambro e Fioravanti, alla ricerca della verità che solo una giustizia autenticamente libera può dare.
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