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"Avrei davvero preferito non essere nata...ma non hanno pensato a me, questo è certo...mi hanno scaraventato su questa terra e mi hanno lasciato crescere!". "Raggiunto un certo grado di tragico orrore, la mente umana satura, reagisce con l'indifferenza e l'egoismo". Ho letto due libri della Némirovsky e in entrambi la figura materna viene descritta come una narcisista anaffettiva, affetta da bovarismo. Penna sofferta e sofferente la sua, che sembra utilizzare la scrittura come strumento di vendetta, quasi un mezzo per allontanare un'infanzia infelice. Io non voglio certo psicanalizzare l'autrice, ma è quasi impossibile non farlo durante la lettura di questo romanzo.
Edizione davvero ben curata e stilata perfettamente, ottima!
In un clima politico ben preciso, in cui una determinata classe sociale di ricchi si ritrova in balia della Storia, tra Russia, oriente e Francia, Irène Némirovsky ci presenta una figura di ragazza tremendamente sola, una vita irrimediabilmente colpita da un destino di solitudine, che rende la vita della protagonista e del racconto stesso molto torbide. L’atmosfera che traspare da queste pagine infatti è soffocante, angusta, si ha l’impressione di vivere in una prigione in cui i sentimenti positivi non possono aver spazio perchè il cuore di Hélène è ormai pieno di vendetta, tristezza, sconforto. Tutte queste emozioni negative si riversano nella narrazione che risulta lenta soprattutto all’inizio e poi riesce ad avere un’accelerata quando ormai Hélène è matura e ha una consapevolezza di sè che rende tutto meno aleatorio, meno sospeso e passivo. Il vino della solitudine è un romanzo che non si può definire brutto, ma lascia diversi interrogativi e sensazioni che non risultano positive sul lettore. Alla fine del libro rimane un non so chè di inadeguatezza, la sensazione che per Hélène la tristezza è un sentimento ormai insito nella sua natura e che ormai il suo futuro sarà inevitabilmente quello di naufragare nel vino della solitudine.
Recensioni
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