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Topi. Dalla saga del Pifferaio magico agli esperimenti in ingegneria genetica: realtà e fantasia, scienza e simbolismo nell'inquietante rapporto fra uomo e topo - Francesco Santoianni - copertina
Topi. Dalla saga del Pifferaio magico agli esperimenti in ingegneria genetica: realtà e fantasia, scienza e simbolismo nell'inquietante rapporto fra uomo e topo - Francesco Santoianni - copertina
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Topi. Dalla saga del Pifferaio magico agli esperimenti in ingegneria genetica: realtà e fantasia, scienza e simbolismo nell'inquietante rapporto fra uomo e topo
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Topi. Dalla saga del Pifferaio magico agli esperimenti in ingegneria genetica: realtà e fantasia, scienza e simbolismo nell'inquietante rapporto fra uomo e topo - Francesco Santoianni - copertina
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Descrizione


In questo libro vediamo come il topo, nonostante venga rifiutato con disgusto dalla maggior parte di noi, sia protagonista quotidiano e silenzioso della vita dell'uomo: lo ritroviamo nelle parolacce e nei fumetti, nei campi e nelle viscere delle metropoli, nell'industria delle pellicce e nelle esposizioni di "bellezza", nelle segrete postazioni di studio per la guerra batteriologica... Eterno e indesiderato compagno, il topo è l'animale perfetto, adattabile ad ogni condizione di vita. Non solo. La sua storia rivela sfaccettature insospettate e si intreccia profondamente con la storia dell'uomo: portatore di peste, ha contribuito al crollo di imperi e al declino di civiltà.
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Dettagli

1998
22 dicembre 1998
192 p.
9788809203273

Valutazioni e recensioni

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Francesca
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Eccellente e curiosissimo saggio. Ricco di spunti di vario genere e di interessanti riferimenti storici. Viene quasi da dire: Viva i topi !

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Recensioni

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Voce della critica


recensione di Terranova, M.L., L'Indice 1994, n. 6

Il titolo non è proprio attraente e, di primo acchito, non fa certo gridare al best seller. Anzi, viste le reazioni che di solito suscita il solo sentir parlare di topi, si potrebbe esagerare, definendo "Topi" un potenziale titolo da worst seller. E non è nemmeno metaforico o allusivo, non è ironico, non è il titolo di un racconto di fantascienza - si tratta proprio di un libro sui topi. Mi sono quindi scetticamente chiesta - non senza una punta di tristezza (i topi mi sono infatti molto cari, avendone studiato il gioco sociale per anni) - chi mai (a parte gli specialisti, e forse qualche nemico giurato delle odiate bestiacce, bramoso di conoscere la psicologia del nemico al fine di scovare nuove tattiche di sterminio) potesse interessarsi di topi. Ma, se di topi può forse non importare nulla a nessuno, c'è invece molto di cui interessarsi e stupirsi, e di che meditare, nelle avvincenti peripezie del rapporto tra uomini e topi che il libro - scritto da Francesco Santoianni, funzionario della Protezione civile - descrive, con dovizia di citazioni bibliografiche e di bellissime tavole fuori testo.
L'autore precisa subito che, per lo zoologo, il "topo" non esiste: si tratta di un "artifizio letterario" col quale si fa generico riferimento agli animali appartenenti alla famiglia dei Muridi (e quasi sempre alla sottofamiglia dei Murini), che comprende creature tanto diverse tra loro come il topo (quello "più piccolo") e il ratto (quello "più grosso"). Quasi si avesse bisogno, per definirle, di un'unica categoria, in cui convogliare non tanto il rigore scientifico della conoscenza quanto la libertà e l'indefinitezza dell'immaginazione. Ed ecco infatti, nella prima parte del libro (forse la più ricca e affascinante), comparire "Il Topo", quello che se ne sta da sempre rannicchiato nella mente e nel cuore dell'uomo, popolandone - in quanto archetipo di opposte e intercambiabili valenze - sogni, fantasie, miti, leggende e religioni, e permeando tutta la cultura umana: dalla letteratura ai cartoni animati e ai fumetti, dalle arti figurative alla musica e alle favole, dalla medicina all'ingegneria genetica.
Ancora oggi, esiste nel Rajastan un tempio in cui i topolini sono allevati e venerati, e un vero e proprio culto del topo si è esteso in passato dagli indiani d'America all'Estremo Oriente ("animale di tendenza Yin"), non tralasciando neanche la Sicilia o Rodi, dove Apollo Sminteo fu venerato per molti secoli come dio dei topi. A donargli tanta simbolica potenza, ha contribuito senza dubbio la sua proverbiale scaltrezza, astuzia e intelligenza. Pare che questi animaletti abbiano perfino sviluppato una serie di articolate tattiche di collaborazione e rigida divisione del lavoro, efficacissime per esempio nel caso dell'appropriazione indebita delle uova: un topo trasporta il suo compare per la coda, mentre questo, standosene a pancia all'aria, stringe il bottino tra le zampe! I topi, insomma, riescono sempre - e spesso misteriosamente - a cavarsela ("quando la nave affonda, i topi scappano"). Di fatto, nessuno è mai riuscito non solo a distruggerli, ma anche a metterli semplicemente in difficoltà. D'altro canto, la loro straordinaria prolificità (non sembra casuale che non si parli quasi mai del "topo", ma sempre e solo di "topi") li ha elevati a emblema della sessualità e a simbolo di vita eterna. Secondo innumerevoli tradizioni, l'anima sfugge dalla bocca del morente sotto forma di topolino bianco. E ancora oggi, lo stretto legame tra topi e sessualità è presente nella derivazione "topesca" di molti termini a connotazione sessuale.
Ma, come fa notare l'autore, dietro ogni rappresentazione sacra c'è sempre qualcosa di inquietante, e il topo scatena appunto un sacro terrore, quando in orde devasta il raccolto, o quando - indisturbato nei secoli - trasmette la Morte Nera. L'uomo da sempre aborrisce, disprezza e perseguita ratti, topi, e tutti i rappresentanti di quella sfortunata (si fa per dire) categoria di animali che in qualche modo continuano indisturbati a rodere le fondamenta delle nostre sicurezze, scatenando timori ancestrali, e che non per niente vengono usualmente privati perfino del nome e, come si è detto confusi tutti nello stesso "disgustoso" appellativo. Dalle puntuali scomuniche della Chiesa cattolica (che arrivò a farne una specie di Anticristo) alle leggende eschimesi (secondo cui il toporagno ucciderebbe penetrando nel cuore delle sue vittime), il topo nella storia arriva perfino ad assurgere al ruolo - simbolico per l'appunto - di destabilizzatore sociale, di vero e proprio "rivoluzionario". Di fronte alla sua proverbiale invincibilità, è addirittura capitato che agricoltori si appellassero per iscritto alla sua misericordia, mettendo la missiva nel campo, su una pietra, "con il lato scritto in alto". E nell'odierna Bombay si è ormai rinunciato a distruggerlo, e ci si accontenta di "tenerselo buono" catturandone sistematicamente migliaia di esemplari al solo scopo di esaminarli e prevenire la diffusione di un'eventuale pestilenza.
Così simile eppure così diverso da esso, il topo può servire di volta in volta, tramite gli sfuggenti meccanismi dell'identificazione, all'esaltazione o alla messa alla berlina dell'Homo sapiens. Cui piace immaginarsi furbo, veloce e invincibile come Mickey Mouse, Speedy Gonzales o Tom (l'"amico-nemico" di Jerry), ma che si sente invece oltremodo ridicolizzato e pericolosamente impotente di fronte alle trappole vuote, ai veleni ignorati, agli ostacoli più insuperabili sistematicamente superati con disinvoltura da un... topo. E che, comunque, non si sentirebbe esattamente a suo agio se dovesse percepire la reale e stretta somiglianza tra se stesso e i ripugnanti abitanti delle fogne.
Somiglianza che sta alla base di qualsiasi processo identificativo. "Quando l'uomo era ancora topo", dice a un certo punto Santoianni. Ma perché questo paragone tra uomo e topo? Di fatto, quando lo scienziato tedesco Ernst Haeckel cominciò a parlare di ricapitolazione della filogenesi nell'ontogenesi, non passò certo inosservato che l'encefalo del feto umano tra il quarto e il quinto mese di gestazione è molto simile a quello del feto dei roditori. E il periodo di immaturità prolungata (o neotenia) che segue la nascita del piccolo - periodo in cui gioco e curiosità conoscono il massimo sviluppo, in cui si mettono in atto importantissimi processi di apprendimento e in cui si stabiliscono regole ed eccezione di una socialità spiccata e articolata - è una caratteristica fondamentale che contraddistingue uomini e topi, rendendoli quanto di più simile l'uno all'altro. Tanto che, a un certo punto del libro, tra una tentazione fantacatastrofista e l'altra, l'autore arriva a chiedersi se "l'evoluzione del ratto potrà portare ad animali capaci di comunicare con noi"...
L'uomo, quindi, ammira e adora il topo perché topo non è, lo esalta e lo venera come si esalta e si venera ciò che si ritiene superiore e cui si vorrebbe somigliare - e del quale si ritiene comunque più prudente procacciarsi i favori che non le ire. L'uomo disprezza il topo perché è, o almeno fu, topo, lo aborrisce e cerca di dimenticarlo come si aborrisce e si cerca di dimenticare un'immagine sgradita riflessa dallo specchio. E, quel che più conta, per entrambi questi motivi egli lo teme. Ora è tutto più chiaro. Il topo è il nostro imbarazzante "omologo dell'ombra", come lo definisce Michel Dansel, attento studioso della simbologia del topo, e come intuisce lo Steinbeck di "Uomini e topi". E, in quanto tale, esso ci dà modo di sperimentare in tutte le possibili sfaccettature l'odio e l'amore, gli inevitabili slanci ora svalutanti ora idealizzanti, che irresistibilmente proviamo per noi stessi. Ecco perché oggi, insensibili alle sofferenze di un animale che reputiamo così alieno dalla nostra natura, ne facciamo disinvoltamente pellicce (spacciandolo per "castorino", che "fa più chic"), ma gli vogliamo bene come a un bimbo (secondo un'altra sua valenza "scoperta" da Freud in persona) quando ne facciamo un animale domestico o ci ritroviamo con gli amici del "Topo Fan Club". E, soprattutto, ecco perché lo trucidiamo in gran numero e con tutta tranquillità in laboratori di - ricerca dove ancora oggi è spesso del tutto assente qualsiasi scrupolo i. preoccupazione - che, prima ancora che ambientalista e collettiva, dovrebbe essere di matrice etica e personale -, configurando così una situazione almeno in parte paradossale, giacchi il topo viene considerato una creatura inferiore utilizzabile a piacimento, ma d'altra parte le ricerche condotte su questo animale si giustificano proprio in base all'ipotesi che esso sia sotto molti aspetti simile all'uomo.
Il topo, dunque, "contraddittore" per eccellenza, animale perfetto a tal punto da non essere perfettibile (come dimostrato dalla sua lunga e immutabile storia), re dell'adattabilità al punto da essere l'unico che sopravvivrebbe a un'eventuale nuclearizzazione del pianeta, è da sempre nostro commensale, e anche "oggi, nel momento in cui la Tecnica sembra aver trionfato sulla Natura imponendo le sue leggi", quest'ultima invia "nelle roccaforti della civiltà (le metropoli) un esercito di guastatori, una schiera di creature perfette: i topi".

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