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bello questo racconto di collins. nonostante la brevità contiene tutti gli elementi cari all'autore. il finale è prevedibile, ma la lettura è molto piacevole.
collins non si smentisce. Anche in opere "minori" soprattutto in termini di pagine, riesce in quella suà abilità di creare situazioni intriganti e mantenere legato al ibro il lettore. Distensivo, scorrevole, pieno di ritmo, intenso.
Recensioni
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scheda di Carmagnani, P., L'Indice 1996, n.11
Wilkie Collins cominciò come scrittore di romanzi a puntate, che uscivano sulle riviste dell'amico Dickens. "Falli ridere, falli piangere, falli aspettare", era la celebre formula che egli utilizzava nella fabbricazione dei suoi romanzi d'appendice. "Falli aspettare", soprattutto, e di qui alla 'suspense' del romanzo poliziesco il passo è molto breve: al melodramma borghese del romanzo d'appendice Wilkie Collins mescolò sapientemente l'atmosfera del romanzo gotico e una buona dose di calcolo razionale, dando vita a un genere nuovo, la 'detective story', di cui forn il primo autentico esempio con "La pietra di luna". "Testimone d'accusa", apparso inizialmente sull'"Harper's Monthly Magazine", contiene tutte le caratteristiche più tipiche del genere ai suoi albori: un astuto investigatore, una serie di indizi rivelatori e un colpo di scena finale, neanche troppo imprevedibile, che lascia al lettore l'illusione di poter competere con l'intelligenza deduttiva dell'investigatore. Altrettanto tipici sono gli ingredienti del 'plot': una perfida e misteriosa mulatta, una camicia da notte macchiata di sangue, un maggiordomo fedele e un mascalzone dall'aspetto byroniano, un Manfred imborghesito che provoca la rovina della nobile moglie per ragioni che non hanno nulla di eroico. I brividi vittoriani di Wilkie Collins potranno forse apparire un po' scontati al lettore smaliziato e abituato a ben più forti emozioni, ma per chi ancora subisce il fascino delle misteriose dimore nobiliari inglesi e della buona scrittura "Testimone d'accusa" sarà senza dubbio un passatempo piacevole, che Sellerio ha il merito di offrire nella bella traduzione di Franco Basso e corredato da un'interessante postfazione dello stesso.
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