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Il disco è un ritorno di Mango al passato, meno pop e più popolare, testi estremamente intensi e poetici nel suo pieno stile. A parte il primo singolo estratto, La sposa, dalla dolcezza incantevole, le canzoni danno la sensazione di essere buone opere ma incopiute, sembra che manchi sempre quel qualcosa che assegni al brano il proprio pezzo forte, inconfondibile, che imprima la musica e le parole in chi lo ascolta, che lo faccia decollare definitivamente (vedi Il pazzo, Dignitose arrendevolezze e la title-track La terra degli aquiloni) che al di là di questo fatto sono gran bei pezzi. Anche il brano Chiamo le cose, meraviglioso, risente della mancanza di questo elemento trascinante. Che Mango sia un grande interprete non vi è dubbio, ma non c'è bisogno, in quasi ogni suo disco, di inserire cover, alcune del tutto inutili (Vedi Starlight). Bella opera ma incompiuta, con un grande potenziale, peccato! Questo è il mio personale giudizio per questo disco.
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