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«Il dispotismo può fare a meno della fede, la libertà no». Il Trattato Costituzionale Europeo firmato ufficialmente a Roma il 29 ottobre del 2004 sembra ignorare l’ammonizione dello storico francese Alexis de Tocqueville, e prospetta al contrario un modello politico che estromette la religione dalla sfera pubblica. Nel suo ultimo saggio il giornalista e ricercatore Giuseppe Brienza ha individuato con grande lucidità le diverse posizioni che, spesso in contrasto, hanno caratterizzato e caratterizzano ancora oggi lo scenario politico “europeista”. Da un lato denuncia quel laicismo ostile alla religione lievitato nella Francia di Jacques Chirac che, in ultima analisi, ha saputo imporre anche in sede europea il veto al riconoscimento “costituzionale” del cristianesimo. Dall’altro, invece, rimarca il profondo sentimento religioso manifestato dai paesi dell’est europeo, ossia da quelle nazioni che, reduci dal tentativo politico di abolire Dio, hanno trovato in ciò una più consapevole e radicata valorizzazione dei valori cristiani. Non mancano riferimenti al sistema statunitense delle “chiese libere”, un modello che poggia su sviluppi storici differenti da quelli europei e che presuppone una separazione netta ma amichevole tra Stato e religione. «In questa prospettiva − ha affermato Rocco Buttiglione in un interessante convegno sulle radici cristiane di cui riporta Brienza − ci sarebbe spazio per la collaborazione, per i valori e per la libertà delle istituzioni. Nel modello francese, invece, una malintesa forma di tolleranza rischierebbe perfino di cancellare l’identità dei popoli e le loro tradizioni, dando vita a forme di convivenza che si rivelerebbero molto fragili».
In questo breve saggio l’autore Giuseppe Brienza delinea in modo sintetico, ma evidenziandone i passaggi fondamentali, il percorso di formazione di tre Documenti che hanno fatto la storia recente dell’ Unione Europea: la “Carta di Nizza” cioè la Carta dei diritti Fondamentali del 2000, la “Risoluzione del Parlamento Europeo sulle donne ed il fondamentalismo” del 2003 ed infine la “Costituzione Europea” firmata ufficialmente a Roma il 29 Ottobre 2004 priva nel suo Preambolo di qualsiasi riferimento al cristianesimo. Il libro è una intensa riflessione sullo stato della libertà religiosa nella modernità ed in particolare nell’esperienza dell’Unione Europea che per ben due volte in pochi anni ha dimostrato “una insidiosa indifferenza alle radici cristiane europee” mostrando in maniera preoccupante di aderire sempre più volentieri al modello francese e spagnolo di “ostile laicità” allontanandosi progressivamente dalla tipologia “amichevole” di Stati Uniti e Polonia. Privare il documento fondativo della “Nuova Europa” di un ancoraggio al cristianesimo che con i suoi valori universali ha garantito “una riserva di energie di cui oggi ha bisogno l’Europa, per garantire dentro i propri confini lo sviluppo integrale della persona umana” (Giovanni Paolo II, ai Vescovi della Polonia 1998), significa cedere all’ideologia laicista che vorrebbe relegare la religione alla sfera privata negandole importanza storica, politica e culturale e soprattutto privarsi di quei principi di democrazia, fraternità evangelica, libertà e giustizia che il Cristianesimo attraverso i secoli ci ha lasciato in eredità.
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