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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2004
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Un dialogo tra l'Autore (A) uno scettico (B) e un credente (C) apre quest'opera alla ricerca rinnovata del principio, dell'inizio o della cosa ultima. La filosofia qui diventa quella ricerca aporetica e indefessa intorno alla questione ultimativa dell'ente che nella sua presenza meraviglia il pensiero, lo attrae e lo inqueta. Che cos'è l'ente in se stesso e per se stesso? possiamo davvero dirlo, secondo le categorie per cui esso si dice in molti modi? Il soccorso nell'interrogazioni dei Grandi del pensiero si fa inevitabile: Husserl, Aristotele, Tommaso, Platone, Plotino, Proclo, Cusano, Cartesio, Spinoza, Hegel, Marx, Nietzsche, Cioran, Barth, Schelling, Pareyson: questi e tanti altri sono convocati a dire e contraddire. Per interrogare bisogna denudarsi di tutti i pregiudizi, fare vuoto dentro di sé, lasciare spazio alla cosa su cui l'anima si interroga. Questo svuotamento dell'anima che diventa estranea a se stessa per ritrovarsi nell'estraneo ha come archetipo il Dio uno e trino, che a sua volta si manifesta nell'umano svuotandosi, facendo dono nell'abbandono-abbandonante del Figlio, ma solo lo Spirito tiene la relazione del Padre e del Figlio, riconducendola all'Aperto dell'Inizio, a quell'Apeiron in cui albergano tutte le possibilità, anche quella dell'impossibilità. Due percorsi dunque, uno nell'anima e l'altro in Dio, per poi arrivare alla fine, nel congedo, dove riprendere il dialogo per ridire l'ente. Ma come, se nel dirlo ne tradiamo l'essenza indicibile? Eppure essa si mostra, ci tocca e possiamo toccarla nell'atto estremo del pensiero. E l'anima , come lo Spirto, potrebbe riconsiderare i modi in cui l'ente si dice, modi il cui archetipo è il Figlio che così manifesta il Padre, ma il Padre è la cosa stessa nella sua unità singolare in se stessa e che è tale in quanto aperta dall'Inizio, nel Possibile, da cui proviene il regno della liberazione; nonostante i decreti troppo umani, la filosofia si ridesta alla Cosa ultima nel chiaro-oscuro del suo Inizio.8.
Plumbeo, pesante come ghisa - indigeribile, ecco, questo è l'aggettivo giusto per definirlo. Alcune pagine sollecitano formicolii in testa per poterle capire almeno sufficientemente con una concentrazione alta. Potrebbero essere ben accette se articolate da un L. Klages, L. Binswanger, F. Schelling un secolo fa. Nel 2019 non vedo lo scopo di queste contorsioni logiche gratuite in un libro richiedente una Tavor prima di leggerlo, forse anche prima di scriverlo. Ricordatevi che la leggibilità, lo stile lineare, la semplicità nell'esporre concetti articolati è una cortesia rivolta ai lettori se decidete di pubblicare; se si scrive per se stessi allora le cose cambiamo.
è sufficiente un solo motto: pesssimo
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