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Uno spaccato della nostra storia politica, sanitaria e culturale
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Agli occhi di Ernesto Galli della Loggia, editorialista del "Corriere della Sera", i tre momenti più significativi della recente storia d'Italia sono stati il 28 ottobre 1922 (marcia su Roma), il 18 aprile 1948 (vittoria Dc alle prime elezioni politiche a suffragio universale) e il 27 marzo 1994 (prima affermazione di Silvio Berlusconi). La vicenda politica nostrana, sostiene l'autore, si può ricostruire in modo spassionato solo accettandone l'irriducibile peculiarità. Si prenda il fascismo, sorto dall'opporsi dei piccoli proprietari terrieri al "nullismo politico" del Psi e alle violenze rosse: non fu l'"autobiografia della nazione", né un macigno sulla via del nostro sviluppo democratico, ma l'unico percorso che potesse congiungere, al di qua delle Alpi, età liberale ed età democratica. Dopo la cacciata dei nazisti, il cui merito va peraltro essenzialmente agli Alleati, la rigida mitologia della Resistenza "lo scibboleth ideologico-storiografico dominante in assoluto nel discorso ufficiale della Repubblica" compromise a lungo ogni coesione patriottica, benché la Dc sapesse incarnare una "prospettiva genuinamente liberalnazionale". Tangentopoli e i suoi abusi sembrarono far sprofondare il paese, ma le elezioni del '94 non arrisero ai più o meno dichiarati eredi del Pci, salvatosi dalla bufera giudiziaria solo per aver goduto dei finanziamenti sovietici, bensì a Berlusconi, artefice del bipolarismo italiano. Egli colmò l'ormai palpabile vuoto socioculturale promovendo, scrive ancora Galli della Loggia, un'"ideologia sociale di tipo individualistico-acquisitivo", sempre in nome della modernizzazione nazionale.
Daniele Rocca
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