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Se ci si mette a leggere con la matita rossa e blu a portata per segnare gli errori di grammatica e sintassi ovviamente non c'è molto da salvare in questo romanzo. Se ci si mette a leggere con l'intenzione di farsi guidare dalla scrittrice lungo i percorsi della sua mente, accettando l'accavallarsi di pensieri che non seguono mai i dettami sintattici proprio perchè nei propri pensieri la sintassi non esiste ma esiste l'immediato, allora questo romanzo diventa emozione vera. La storia può essere raccontata in mille modi e quello scelto da Paola Soriga è originale e accattivante.
Un buon esordio, soprattutto in considerazione dell'età giovane della scrittrice e dell'argomento trattato (II guerra mondiale). Pochi sono gli scrittori italiani attuali, per di più esordienti, che si cimentano con un tema a loro poco congeniale (perchè lontano) e che ha avuto non pochi estimatori nella recente letteratura, soprattutto tra i neorealisti, cui ovviamente la Soriga si ispira. Buona altresì la capacità di analisi e introspezione psicologica del personaggio principale, Ida, giovane sarda trapiantata obtorto collo a Roma nella casa della sorella e del cognato causa famiglia numerosa. La giovane quindi si trova a fronteggiare la novità per lei deludente della nuova città e della nuova vita, la nostalgia verso la sua isola e la sua famiglia, ma soprattutto le conseguenze infauste dell'entrata in guerra dell'Italia con le crudeli e cruente lotte tra Nazi-Fascisti e Partigiani. A consolare il suo cuore potrebbe essere l'Amore verso un giovane romano. Il romanzo si lascia leggere ma, a mio avviso, presenta troppa carne al fuoco: la nostalgia dell'esule, l'avversione per il Fascismo, l'Amore, l'Amicizia, la crescita adolescenziale. E' una sorta di romanzo di formazione inserito però nel contesto della II guerra mondiale, che ricorda "Il giorno prima della felicità" di Erri De Luca. Rimanda inoltre al Calvino de "Il sentiero dei nidi di ragno", così come in alcuni punti sembra di rivedere la Morante di "La storia" e il partigiano di Fenoglio, con qualche traccia dei pasoliniani "Ragazzi di vita". Infine la scrittura,volutamente sciatta, volutamente anti-letterale, volutamente intrisa di dialettalismi che riportano al discorso indiretto libero di Verga. Il problema è che tale tipo di scrittura, unita ad una trama con continui flash-back e ad una ridda di personaggi, finiscono per disorientare il lettore. La stoffa però c'è.
Se Elsa Morante ha lasciato un'eredità, una buona fetta è andata a Paola Soriga. Il suo DOVE FINISCE ROMA (Einaudi) non si lascia ignorare, fa chiasso dentro i pensieri e non finisce mai. Con Ida, nascosti nella grotta dove il giorno muore prima, ci siamo anche noi e abbiamo paura, nelle ore immobili, del momento in cui le frasi accortamente arrotolate sulla pagina si srotoleranno e ci sorprenderemo a perderci, a non avere più l'orientamento. Alla fine desidereremo aver fatto un giro più lungo in questa storia piena di Storia.
Recensioni
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Dove finisce Roma, di Paola Soriga è un libro che corre, non ti aspetta, non te ne accorgi ma la lettura prende subito il ritmo del passo narrativo. Un libro che non perde tempo ad aprire virgolette, a chiuderle, senza troppi spazi bianchi, pieni come pause. Ti pone davanti al fatto nudo e schietto, ti nutre del pensiero intimo della protagoinista e dei personaggi che fanno la storia, quella con la s minuscola e quella con S maiuscola.
Ida è una bambina, quando dalla Sardegna sbarca nel Continente, a Roma, ospite della sorella Agnese e del cognato Francesco. È il 1938, un anno prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Conoscere Roma, il cielo che da lì a poco ospiterà il fuoco nemico, calpestare le strade, la scuola, le amiche, l'amore che torce l'intestino, sentirsi diversa, sentirsi brutta e magari bella: tutto è nuovo, emozionante, in certi giorni pesante come un macigno.
Quasi naturalmente come se non si fosse che quell'unica direzione scritta nel suo destino, come se si trattasse di una vocazione laica, Ida diventa staffetta partigiana. E quando nei giorni che precedono la Liberazione, i rastrellamenti dei nazifascisti fanno paura, Ida si nasconde in una grotta per alcuni giorni. Ne Il sentiero dei nidi di ragno edito, di Italo Calvino, il partigiano Kim pensa «Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi».
Anche Paola Soriga ritorna sul periodo della Resistenza raccontando questioni private come l'amore di Ida per Antonio, un amore non corrisposto, che finirà per strozzarle in gola la gioia per l'arrivo degli americani. E Ida vagherà per le strade di Roma, con la voglia di perdersi per sempre, per le strade dove ancora possono esserci tedeschi, forse Ida spera di incontrarli, con una disperazione che richiama quella del partigiano Milton nel romanzo di Beppe Fenoglio.
Esce piena di grazia e potente una figura femminile, che consente all'autrice di copiare e consegnare più di una lezione dalla Storia, di riflettere sul ruolo della donnanella nostra società. Sono occhi di donna quelli che testimoniano la Resistenza, non solamente quelli di Ida, ma anche quelli della sorella Agnese, con una coscienza pigra e non si accorge che la lotta civile ha pescato vicino a lei.
Gli occhi di donna che nascondono i partigiani nelle soffitte, che li sfamano, che piangono i mariti e i figli caduti, che si li vedono portare via nel cuore della notte, che insegnano nelle scuole, che prendono coscienza, che leggono libri e li prestano, che si iscrivono a un ideale, sfidano il costume e combattono per affermarsi. E dopo quasi settant'anni c'è la sensazione che in alcuni angoli della nostra terra qualcosa non sia mai cambiato.
A cura di Wuz.it
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