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Si conclude in questo volume l’immane cammino che ha portato Plinio a compiere il periplo di tutto il mondo conosciuto: dai luoghi e dall’uomo agli animali, ai vegetali, ed ora ai minerali. Questo che può apparire, nella sua inerzia, come il distretto piú grigio dell’universo, si trasforma per noi in una delle sezioni non solo piú importanti, ma piú attraenti dell’opera. È infatti delineata qui una panoramica completa delle arti antiche, storia di tecniche e di artisti, di monumenti, di opere che ancora oggi echeggiano con suggestione ai nostri orecchi o si presentano con un fascino ineguagliabile davanti ai nostri occhi nei paesaggi dell’Attica e del Peloponneso o nei musei di tutto il mondo; o che invece, perdute e altrettanto famose, qui sono rievocate almeno per iscritto. I nomi di Policleto, di Fidia, di Prassitele, di Lisippo – ma gli artisti citati da Plinio sono 352! -, i problemi del colore, del marmo, dei vetri, della ceramica entrano e si confondono al solito con mille altri nell’enciclopedia pliniana, quasi maniacale per l’accumulo di notizie e di dati, quasi incapace di contenerli e pronta a ripartire da capo, fonte eccezionale per la conoscenza dell’antichità. Il totale naufragio della critica d’arte antica rende ancora piú prezioso il contributo di questo blocco di libri della Naturalis historia . Fin dal Rinascimento, dal Ghiberti e sino al Winckelmann e oltre, esso fu la base di quanti cercarono di ricostruire dalle fonti ancor prima che dall’archeologia il quadro delle arti classiche. E tale rimane ancor oggi, pur nel progresso delle conoscenze e degli strumenti di critica e di lavoro.
recensione di Gualandi, M.L., L'Indice 1989, n. 4
Al termine del suo viaggio nel regno della Natura, dopo aver spaziato fra cosmologia e geografia, antropologia, zoologia e botanica, medicina e farmacologia, Plinio il Vecchio conclude la sua "Naturalis Historia", la più vasta opera enciclopedica dell'antichità giunta fino a noi, con l'esame dei minerali, cioè dei prodotti estratti dal sottosuolo. Com'è noto, proprio l'analisi degli impieghi di queste sostanze offre il destro all'incontenibile vena erudita di Plinio di delineare un'ampia sintesi di storia delle arti figurative, dall'epoca greca arcaica fino all'età flavia in cui convive (seconda metà del I secolo d.C.). Nel naufragio quasi totale della letteratura artistica antica, la trattazione pliniana ha un valore enorme, non solo per l'ingente massa documentaria che raccoglie (sono ben 352 gli artisti citati), ma anche per l'immagine delle arti che se ne ricava e che riflette una lunga tradizione critica giunta fino a Plinio attraverso le opere di studiosi come Duride, Senocrate, Antigono, Apollodoro.
A dispetto del grande ampliamento delle nostre conoscenze permesso dagli scavi archeologici e dall'affinamento dei metodi di indagine, la "Storia naturale" di Plinio, con il suo excursus artistico, rimane un formidabile strumento di conoscenza e il principale punto di riferimento a nostra disposizione per ricostruire i nomi dei maestri, delle opere, delle scuole, le tecniche e i materiali in uso nell'antichità.
Ciò nonostante, dopo la splendida edizione critica pubblicata nel 1946 da Silvio Ferri (opera da tempo introvabile), non si sono più avute buone edizioni italiane di Plinio. A colmare questa lacuna giunge ora in libreria il quinto e ultimo volume della "Storia naturale", che comprende per l'appunto i cinque libri sulla Mineralogia e la Storia dell'arte. Non si tratta di una vera e propria edizione critica, in quanto i curatori si sono basati essenzialmente sul testo stabilito da Karl Mayhoff, limitandosi a segnalare in una nota critica in fondo al libro le varianti adottate di volta in volta, senza peraltro indicarne mai l'origine. Il volume ha però il merito di offrire al lettore una versione agile e facilmente accessibile del trattato di Plinio, arricchita da note esplicative sostanziose e aggiornate con la bibliografia più recente.
Emerge così il tratto originale della personalità di Plinio che non è, come spesso accade per questo tipo di eruditi enciclopedici, un mero assemblatore di brani eterogenei tratti dalle opere altrui, ma un infaticabile esploratore di fatti e fenomeni, capace di rielaborare criticamente quanto gli viene tramandato dalle fonti, animato da una curiosità sconfinata che non trova forse paragoni in tutta l'antichità, curiosità che, com'è noto, arriverà a costargli la vita durante l'eruzione del Vesuvio, nel 79 d.C.
Utilissimo, nella presente edizione, accanto agli indici dei nomi di persona, dei luoghi e dei popoli, il glossario degli artisti, in cui per ognuno si fornisce una scheda con dati biografici, con l'elenco delle opere note e un inquadramento generale nell'ambito delle diverse scuole e correnti. Desta pertanto meraviglia la deprecabile assenza di un altro indice, che era invece presente nella precedente edizione del Ferri: l'indice delle opere e delle cose più importanti.
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