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«Famo l'ira de Dio! Ma appena mamma | ce dice che so' cotti li spaghetti | semo tutti d'accordo ner programma.»
La scelta di scrivere in dialetto risponde, in genere, a una spinta "verso il basso". Non a Roma, dove è esistita una tradizione di poesia dialettale che con il Belli, nell'Ottocento, raggiunge il suo vertice. Anche Trilussa sceglie di puntare "verso l'alto", con protagonisti piccolo-borghesi e una lingua che è quella della Capitale del nuovo Stato unitario. In epoca giolittiana e poi sotto il fascismo l'antica, feroce indignazione belliana si trasforma, con Trilussa, in ironia distaccata, in quell'umorismo agrodolce "alla Pirandello" che trae alimento dai fatti di cronaca per innalzarli a momenti di un ritmo costante, da secoli uguale: la vita degli uomini. «L'omo è un burattino | che fa la parte sua fino ar momento | ch'è mosso da la mano der destino.»
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