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«Epopea vitalissima di una città che si divide tra "Signora Arcadia" e "Signor Populismo".» - Antonio d'Orrico, laLettura
«È rimasto in un cassetto di Palazzo Scarpetta, in via Vittoria Colonna, per molti anni. Poi Paolo Viviani, figlio di Vittorio e Dora Scarpetta — due grandi famiglie che s’intrecciano — prese le cinquecento pagine di questo sorprendente dattiloscritto e con le altre carte paterne le portò a Milano con sé.» - dall'intervista di Natascia Festa Paolo Viviani, nipote di Raffaele:«Romanzo e storie di mio padre Vittorio», Corriere della Sera
Ritrovato in un cassetto molti anni dopo la morte dell’autore avvenuta nel 1979, e inedito fino a oggi, questo romanzo rappresenta un unicum nel panorama letterario di questi anni: per lo stile, perché non cede alle mode del tempo, per la capacità visionaria di raccontare un mondo solo in apparenza lontano da noi. Il questurino Crescenzo Falarino, terminato il suo turno di notte al posto di guardia dell’Ospedale dei Pellegrini, vaga per Napoli, in un viaggio a ritroso alla scoperta della sua colpa. Un vagabondare che, fra memoria e realtà, fissa in alcuni luoghi esemplari – Villa Lucia, Palazzo Donn’Anna, il Parco Grifeo, il Caffè Gambrinus – le coordinate mitologiche della città. Il romanzo è costruito come un alternarsi di ricordi personali e di vicende evocate che, affastellandosi nell’arco di un solo giorno, coprono vent’anni, fra Napoli e la Sicilia. Uomo senza qualità, ma ineluttabilmente impregnato di un astratto senso del dovere, Falarino intraprende questo errare nel tempo come un’indagine di polizia, alla ricerca di una verità processuale che non può esistere, e neanche possiamo pretendere. Quello di Viviani è il racconto di una umanità incapace di redenzione, di personaggi densi, di storie intrecciate. Un testimone di quegli anni potrebbe riconoscere in alcuni personaggi figure realmente esistite, ma questo non è un romanzo a chiave. È l’affresco di un’umanità che si muove nel vuoto di un nuovo tempo, sul bordo di una modernità degradata e sfuggente. Ne esce una Napoli preziosa, forse perduta, raccontata senza mai scegliere la strada più facile, priva di tentazioni veristiche.
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