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«Una favola per adulti, dove è in gioco il mistero dei rapporti umani» - Raffaele La Capria
Regno di Napoli, 1858. Da anni, da quando l'amatissima moglie è stata portata via dal vaiolo, il principe Alessandro Altomare vive rinchiuso in un impenetrabile silenzio, interpretato dai più come chiaro segno di una follia causata dal dolore della perdita. Ma il fratello Eugenio, incapace di rassegnarsi a questa crudele sentenza, chiede aiuto al dottor Descuret, luminare francese degli studi sulla psiche umana, che accorre sulla Costiera amalfitana, dove sorge la dimora di famiglia, un edificio la cui bellezza è pari solo alla sofferenza che la abita. In un intreccio di narrazioni che si succedono sotto gli occhi del lettore, prende forma un'indagine che, dapprima concentrata su Alessandro e la sua nevrosi, viene in seguito deviata dalla comparsa di una donna che alcuni riconoscono come Chiara, la sposa da tutti data per morta. Ma accertare davvero di chi si tratti non è possibile. Così, nell'alternarsi delle voci e dei punti di vista, fatto e sogno si mescolano in un paesaggio fantasmatico e perturbante dove diventa impossibile distinguere realtà e allucinazione.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
L'errore più' grande che si possa commettere e' leggerlo come un romanzo. E io l'ho commesso, per 130 pagine. E invece e' poesia in prosa, che reclama la persistente fissità dei campi visivi, l'indugio sulla parola, la ricerca del senso. Cappuccio conosce un mondo che noi non saremo mai in grado di vedere, perché' non conosciamo , come lui, le parole per descriverlo
E' uno dei più belli e intensi romanzi degli ultimi anni. La densità barocca del linguaggio si adegua agli sviluppi ramificati della vicenda e alle sue direttrici prurali. Altissima liricità senza pause o zone morte. Da non farsi mancare. Stefano
...in completo disaccordo con entrambi!! La scrittura a tratti complicata e la difficoltà di seguire la trama narrativa, sono caratteri indubbi della formula di questo romanzo. Tuttavia l'attenzione per la descizione, atta a rievocare l'allerta per tutti i sensi, è occhieggiamento, sì a una sicilianità non più moderna (direi su tutti Tomasi di Lampedusa, e francamente non altri), ma anche dissenso nei confronti di tanta letteratura usa e getta che non è in grado di insegnare la lingua italiana. Sì, perchè la nostra lingua, ma pare che in pochi se lo ricordino ancora, possiede anche vocaboli lirici! Simona
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