«Avvincente testimonianza di resilienza e del potere di una fede incrollabile, Nonostante tutto ci trasporta in un viaggio, di grande ispirazione, dalla crescita dell’autrice nell’Ungheria comunista del dopoguerra alla trasformazione del mondo grazie ai suoi studi sull’mRNA». – Jennifer Doudna, premio Nobel per la chimica 2020
«La storia di Katalin Karikó è fonte di grande ispirazione. Chiunque abbia mai dubitato che la scienza, l’innovazione e la perseveranza possano cambiare il mondo dovrebbe leggere questo libro». - Bill Gates
«Il Nobel di Katalin Karikó […] oltre a essere un premio da festeggiare, è anche un premio che dovrebbe farci arrabbiare. Perché la storia di questa scienziata è troppo straordinaria, per tutti gli ostacoli che ha dovuto affrontare e superare. Si dice sempre che le ragazze hanno bisogno di scienziate modello a cui ispirarsi, Karikó è un bellissimo modello ma speriamo sinceramente che non debba essere di esempio a nessuna, perché non è giusto che una ricercatrice di questo calibro sia stata costretta alla precarietà per decenni e non abbia potuto contare su una cattedra stabile negli Stati Uniti dove si è trasferita dall’Ungheria negli anni ‘80». - Anna Meldolesi
Il nome di Katalin Karikó non è forse famoso come quello di una star del cinema o di un’influencer di Instagram e il suo volto non è forse un’icona pop riconoscibile da serigrafare sulle t-shirt. Ma dovrebbe. Perché Katalin Karikó ha letteralmente salvato milioni di vite. E lo ha fatto nonostante tutto: nonostante fosse donna, nonostante fosse un’immigrata, nonostante per decenni nessuno abbia realmente creduto in lei e nei suoi studi. Lei semplicemente credeva in quello che stava facendo e aveva fiducia nei suoi risultati, quindi si è ostinata a fare le sue ricerche nonostante tutto. Grazie a questa sua incredibile forza d’animo, in centinaia di milioni abbiamo potuto vaccinarci contro il Covid, col sistema fondato sull’mRNA che lei, proprio lei, aveva elaborato. Grazie a Katalin Karikó, quando il mondo era sull’orlo dell’abisso si è potuto ottenere un vaccino efficace in pochi mesi, mentre prima ci sarebbero voluti degli anni, e per ottenere un vaccino meno efficace. Grazie a lei, ora abbiamo uno strumento che promette di rivoluzionare la medicina per molte gravi malattie. Katalin Karikó ha avuto un percorso complicato. Figlia di un macellaio nell’Ungheria comunista del dopoguerra, Karikó è cresciuta in una casa con le pareti di fango e senza acqua corrente. Portati a compimento i suoi studi di biologia in patria, tra mille difficoltà, ha deciso di proseguire le sue ricerche pionieristiche sull’RNA negli Stati Uniti, dove è arrivata come borsista post-dottorato nel 1985 con 1200 dollari cuciti nell’orsacchiotto della sua bambina – tutto ciò che aveva potuto ottenere dalla vendita della sua auto – e con il sogno di rinnovare la medicina. Karikó ha lavorato assiduamente, molto spesso in solitudine, senza clamore, lottando contro gli scarafaggi in un laboratorio senza finestre e affrontando la derisione e persino le minacce di espatrio da parte dei suoi capi e dei colleghi negli Stati Uniti. Si è opposta al fatto che prestigiosi istituti di ricerca confondessero sempre di più scienza e denaro. Tra alti e bassi, non ha mai vacillato nella sua convinzione che una molecola instabile e poco apprezzata come l’RNA messaggero potesse essere la chiave per cambiare il mondo. La sua idea ostinata era di trasformare le cellule in piccole fabbriche in grado di produrre i propri farmaci su richiesta, dando loro le istruzioni giuste attraverso quella piccola, elusiva molecola. Ha sacrificato quasi tutto per questo sogno, e alla fine ci è riuscita. I vaccini a mRNA che le dobbiamo sono solo l’inizio del potenziale di questa scoperta epocale. Oggi la comunità medica attende con ansia altri vaccini a base di mRNA, per l’influenza, l’HIV e altre malattie infettive, e sono in studio procedure per la cura del cancro. Nonostante tutto non è solo la storia di una donna straordinaria. È una testimonianza dell’impegno di una donna che ha lavorato intensamente nell’oscurità – sapendo che non sarebbe mai stata riconosciuta in una cultura guidata dal potere e dal privilegio – perché credeva che il suo lavoro avrebbe salvato delle vite.