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Questo libro mi ha deluso abbastanza. L’argomento mi sembrava intrigante, pieno di potenzialità per una storia avvincente e brillante. Invece si è rivelato un romanzo magari scritto bene, ma un po’ confusionario ed abbastanza superficiale. Fondamentalmente della vera storia di Ulisse non si viene a sapere niente, si sa solo, indirettamente, che era un gran donnaiolo e che aveva passato quei venti anni a spassarsela. Ha quindi dovuto trovare una scusa che giustificasse la sua lunga assenza da Itaca e da casa. La prima persona che sente la sua scusa (gli dei avversi, ecc…) è un cieco, si suppone Omero, che prende quindi il via a diffondere la storia inventata delle avversità incontrate da Ulisse nella via del ritorno a casa. Si scopre però che anche Penelope, durante la sua assenza, se l’è un po’ spassata. Senza infamia e senza lode.
Che non fossero il fato avverso e la volontà degli dei i responsabili del tardivo ritorno di Ulisse a Itaca lo aveva già sospettato Gozzano,facendo,del suo Re di Tempeste,"un bel deplorevole esempio/d'infedeltà maritale”.Ma a muovere l’Ulisse di J.Giono in Nascita dell’Odissea,scritto nel 1927 e recentemente riproposto da Guanda nella splendida traduzione di B.Bruno,non è il fascino banale di qualche cocotte.Una forza oscura spinge l’eroe,“coraggioso solo nelle prodezze della lingua”,a sfidare gli dei col dardo della menzogna.10anni di peregrinazioni per mare-troppi per non destare sospetti–scanditi da corpi e odori di donna,si colorano di incontri portentosi,amori di dee,volontà numinose.La posta in gioco,d’altronde,è1moglie amata quanto altra mai.Ulisse ne ha scoperto il tradimento mai sospettato:è allora che Penelope, carnale e infedele come la Molly di Joyce,si riveste,nel timore della perdita,“di tutta la bellezza del mondo”.E a sua volta Penelope,udite da un aedo le passioni brucianti che lo sposo ha scatenato in ninfe e dee,è morsa dalla gelosia e dal desiderio.Il ricongiungimento è inevitabile e spietato:muore Antinoo,il marmoreo amante di Penelope,ucciso dalla leggenda che Ulisse ha creato intorno a se stesso;muore Calidassa,la serva devota che di Antinoo ha commesso l’errore di innamorarsi;si chiude nell’odio Telemaco,novella Cassandra su cui grava il paradossale destino di pronunciare verità non credute.La lingua abile scava nelle pieghe del cuore,plasma una realtà altra governata da leggi non meno ferree di quelle che regolano la realtà “vera”.E la realtà “vera” smette di essere tale:il piano fantastico e quello reale si confondono;la menzogna genera realtà e la realtà,percepita come bugia,diventa paradossalmente menzognera.Con questa rivisitazione di un mito immortale,a tratti dissacratoria,sempre sorretta da uno stile terso e potente e da un ritmo narrativo che avvince e cattura,Giono ripropone la riflessione eterna sul rapporto,inattingibile,tra poesia e menzogna, realtà e apparenza,bugia e verità.
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