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Un vero capolavoro, tra i tatnti di Ford, che qui ha a disposizione i suoi più grandi attori. Da un John Wayne che da il meglio di sè, a uno straordinario Henry Fonda perfettamente calato in un personaggio antipatico.
Uno dei migliori film di John Ford. Nel cast, il regista, raccoglie i suoi attori preferiti (mancano solo Richard Widmark e Jimmy Stewart): John Wayne, Henry Fonda, Victor McLaglen (l'attore feticcio del primo Ford, vi consiglio "La pattuglia sperduta", che Ghezzi dà ogni tanto su FUORI ORARIO) e l'immancabile Ward Bond. Fonda non interpreta l'eroe classico: probo, giusto e misurato; è un eroe estremo, orgoglioso, vendicativo, tronfio, infine possiamo benissimo dire che non è un eroe, ma la sua negazione. Dunque il film, può essere visto come una riflessione sull'eroismo, ma non banale (abbastanza tipica del western), bensì innovativa. Il protagonista non è un capo indiano o un pistolero cattivo, ma è spietato e "folle" come se lo fosse. La riflessione diviene (non so quanto volontariamente) una innovazione sulla figura dell'eroe, innovazione che troverà il suo apice nel destabilizzante "Sentieri selvaggi". Ma quella era un epoca in cui i western si facevano con lo stampino e non si badava a certe sottigliezze. In questo caso Wayne, fa da contrastatore "sensato", anche se come soldato deve eseguire gli ordini del suo superiore. Questa contrapposizione (estremo - misurato) si avrà spesso nel cinema del regista americano, basti pensare ai famosi "Sentieri selvaggi" e "Cavalcarono insieme". Il finale è terribile: Fonda manda, letteralmente, al macello la sua truppa, per un orizzonte di gloria (chissà se Kubrick aveva visto "Il massacro di Fort Apache" prima di girare il suo film). Si redimerà morendo con i suoi soldati e verrà ricordato come un eroe. Wayne si salverà, perche sensatamente aveva rifiutato di eseguire gli ultimi ordini. Fonda rimarrà leggenda, ma la sua memoria è macchiata di sangue, nonostante il suo ricordo sia immortale. E adesso chi è l'eroe? Fonda, come ci fa capire la fine del film (vedi il finale de "L'uomo che uccise Liberty Vallance") o il più misurato (debole?) Wayne? Ecco l'innovazione, all'epoca, prontamente ignorata.
Opera di immenso fascino, nel suo splendido bianco e nero (spero che non venga in mente a nessuna mente sciagurata di "colorizzarlo" ), come ammirare una stampa antica ed un po' sbiadita.Per fortuna anche le voci italiane sono quelle originali,le imperfezioni tecniche sono, in qualche modo, parte della storia del cinema,a cui questo film appartiene.Henry Fonda riesce a scavare a fondo nel suo personaggio pieno di rancore per le ingiustizie subite e quindi in cerca di rivalsa contro tutti, fino a sfidare il destino con un comportamento irrazionale.Molto bravi tutti gli altri,con in testa il sempre grande John Wayne ; la presenza femminile e' ben inserita ed esalta il valore della famiglia, tema caro a John Ford ("un uomo tranquillo" e molti altri).Le ragioni dei Pellerossa emergono in modo piuttosto chiaro, elemento nuovo per l'epoca del film , che precorre opere future, come il bellissimo "Piccolo grande uomo".
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