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Manaraga. La montagna dei libri
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Manaraga. La montagna dei libri - Vladimir Sorokin - copertina
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Manaraga. La montagna dei libri

Descrizione


I libri, se non sai come avvicinarti, sono come i cavalli: selvaggi e capricciosi.

Carré di agnello con "Don Chisciotte", bistecca di tonno con "Moby Dick", manzo di Kobe con "L'adolescente". E' il 2037, l'unica carta stampata è quella delle banconote e leggere significa dar fuoco ai libri per cuocervi sopra cibi prelibati. Le edizioni cartacee sono cimeli conservati nei musei: gli chef che si dedicano al "book'n'grill" lavorano spesso nella più totale clandestinità per soddisfare le richieste dei loro ricchi clienti. Géza, uno di questi cuochi, specializzato in classici russi, racconta i suoi viaggi per il mondo, tra prelibatezze e traffici illeciti, fino allo scontro con una società segreta dedita alla falsificazione di rare prime edizioni che ha il suo centro in cima al monte Manaraga. Divertente, surreale, spiazzante, un romanzo che critica il presente con raffinati strumenti stilistici e inventivi.
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Dettagli

2018
27 giugno 2018
224 p., Brossura
9788845294822

Valutazioni e recensioni

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Anna
Recensioni: 3/5

Un distopico ambientato in un futuro non troppo lontano. Grandi idee, molto buona la trama, prosa giovane e moderna che io personalmente non apprezzo tantissimo ( specie se infarcita di esclamazioni trendy ), ad ogni modo Sorokin è riuscito a scrivere un romanzo interessante che tiene sufficientemente alta la curiosità per voler arrivare alla fine e vedere che succede.

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Recensioni

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Voce della critica

Lo chef di Sorokin? Cucina bruciando libri

La Russia non è solo l’avamposto di un ex agente segreto megalomane, allergico ai principi democratici e a certi diritti inalienabili, come la libertà di stampa. Resta la terra di una letteratura sulfurea, incendiaria. E gli aggettivi non sono utilizzati a caso, se riferiti al più recente romanzo di Vladimir Sorokin, Manaraga – La montagna dei libri (224 pagine, 17 euro), pubblicato dalla casa editrice Bompiani, grazie alla traduzione di Denise Silvestri. Classe 1955, Sorokin è uno dei più noti intellettuale russi, che ha iniziato a scrivere quando l’Urss si stava sgretolando e, fortunatamente, non ha ancora finito.

Sorokin immagina un mondo – l’occidente ha respinto l’invasione musulmana – in cui i libri di carta sono relegati al ruolo di rarità, di pezzo da sfoggiare in qualche museo o da custodire in remote biblioteche. Non si stampano. E poi c’è chi sacrifica gli esemplari rimasti (rischiando anche la vita per trovarli) sull’altare dell’arte culinaria più alla moda e d’avanguardia. C’è uno chef, Géza Jasnodvorskij, ungherese, nato da una famiglia di tartari polacchi ed ebrei bielorussi che prepara intingoli e piatti di assoluta qualità con un metodo… raccapricciante. Raccapricciante almeno per chi ama i libri. Quei pochi che restano, meglio se prime edizioni, alimentano il fuoco delle prelibatezze di Géza, che sfugge alla polizia e organizza cene costosissime in tutto il mondo, dedicate a chi… può permetterselo. Lo chiamano book’n’grill, moda per pochi intimi inizialmente, che quasi diventa fenomeno di massa. Le ricette? “Bistecca di tonno alla Moby Dick” o “Polmoni di vitello con La montagna incantata”, per fare qualche esempio. Gli chef migliori costituiscono una specie di setta a livello internazionale, la Cucina; coloro che non ne fanno parte e lavorano clandestinamente sono considerato alla stregua di terroristi internazionali. C’è chi addirittura (di mezzo ci sono italiani) falsifica rare prime edizioni (per esempio quella di Ada di Nabokov, ci cui sono pronte migliaia di copie di edizioni fasulle) sul monte dalle sette cime Manaraga, negli Urali. Con questi falsari Géza andrà allo scontro anzi, in un castello bavarese, sarà incaricato dalla Cucina di neutralizzarli.

La paura e lo smarrimento dell’umanità, nel presente, sono ben resi dalla lunga metafora che è questo stesso romanzo visionario e dal ritmo serrato, ambientato tra una ventina d’anni, futuro lontano ma non troppo. Metafora che non è la sola, se si pensa che l’ultima creatura di Sorokin, Géza, può contare su tre puntigliose pulci (altro che smartphone…) che vivono nel suo cervello, osservano e comprendono quello che gli gira intorno, che gli mettono a punto la memoria e si occupano dei suoi sogni, quando prende sonno. Una addirittura, a un certo punto, cerca di spodestare Géza dal suo ruolo di voce narrante. Una farsa disarmante? Di sicuro. E poi un messaggio per metterci in guardia, per esempio dal commercio camuffato da cultura, per non perdere di vista le cose che contano in un mondo rarefatto e post-apocalittico, il nostro, forse non ancora ai livelli di quello immaginato da Sorokin (in questo volume tipico della sua ultima produzione, ma non macchinoso, né caotico, anzi di esemplare chiarezza) ma, a pensarci bene, non così lontano. Il romanzo – un succedersi di grill-party, raccontati con la forma del diario, fra pensieri, digressioni, parodie di Tolstoj e Nietzsche, storie parallele – è intriso di umorismo macabro, di maschilismo e violenza, di sete di denaro. Non è mica fantascienza. Non è mica distopia.

Recensione di Micol Treves

 

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Conosci l'autore

Vladimir Sorokin

1955, Mosca

Sceneggiatore, drammaturgo, pittore, grafico e librettista per il teatro Bolshoj, Vladimir Sorokin (Mosca, 1955) è autore di undici romanzi tradotti in trenta lingue. In Italia sono stati pubblicati Ghiaccio (Einaudi, 2005), La coda (Guanda, 2013), La giornata di un Opricnik (Atmosphere Libri, 2014), vincitore della nona edizione del Premio Gregor von Rezzori, e La tormenta (Bompiani, 2016). Con quest'ultimo ha ottenuto il NOS Literature Prize e il Bolshaya Kniga Prize. Nel 2013 è stato finalista al Man Booker International Prize.

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