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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2014
Anno edizione:
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È il primo libro di Roth che ho letto e ne sono rimasto entusiasta. Scorre fluido e invoglia alla lettura. Sembra quasi un giovane Holden in versione più matura.
Roth entra nelle pieghe più riposte della psicologia del suo personaggio, che ci appare come un agnello sacrificale, come colui che ha un destino segnato da una consuetudine che, anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, ha continuato a vedere gli ebrei, anche se cittadini americani, come carne da macello. La metafora del sangue, della mannaia che il padre del ragazzo impugna per eseguire i tagli rituali della carne perchè sia kosher,e dunque pura, ricorre in tutto il breve ma commovente romanzo: romanzo di iniziazione, si sarebbe portati a dire, malgrado il terribile ed epico finale.
Pur presentando delle pagine di altissima densità letteraria (come le coltellate che Marcus e il decano Caudwell si sparano l'uno contro l'altro sotto forma di dialoghi al veleno), manca qualcosa a questo romanzo di Roth. Il giovane Marcus che sta vivendo in modi così sofferti la transizione dall'adolescenza all'età adulta viene dipinto magistralmente nell'insieme delle sue relazioni con i genitori, con gli altri studenti e in genere con l'autorità (motivo fisso nell'opera di Roth: l'oscillazione nel rapporto soggetto-autorità). Ma, rispetto a questo insieme splendidamente raccontato, c'è un vuoto eccessivo nella fase tra l'uscita dal college e la morte in Corea. Come se non contasse nulla, e quindi non meritasse di essere narrata, l'esperienza del protagonista quando, nel suo ciclo di riti di passaggio, avrebbe dovuto vivere anche quello dell'ingresso nel mondo militare negli ultimi mesi dell'amministrazione Truman. E invece è piuttosto evidente che il romanzo avrebbe avuto bisogno di pagine e pagine dedicate anche a quella esperienza, per cui resta questa specie di vuoto diegetico poco sensato.
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