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Il dubbio letale - James Ellroy - copertina
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Il dubbio letale - James Ellroy - copertina
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Descrizione


È il 1985 quando durante una rapina in un negozio di alimentari un uomo viene ucciso. Sulla base di una sola testimonianza oculare viene arrestato e condannato alla pena di morte per iniezione letale Gary Graham, un giovane afroamericano che ha già qualche precedente penale. Partendo dai dubbi di uno dei giurati, che dopo la conclusione del processo continua l'indagine per proprio conto, Ellroy costruisce un'investigazione parallela che conduce il lettore nell'orrore di un omicidio.
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Dettagli

2002
11 settembre 2002
78 p.
9788845252662

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Greta
Recensioni: 4/5

Notevole racconto. Scritto con lo stile che ben conosciamo, Ellroy affronta una crisi di conscienza personale. Gary Graham era un rapinatore, uno stupratore, un teppista e venne condannato a morte sulla base di un' unica e niente affatto chiara testimonianza oculare. Ellroy scrisse questo articolo-racconto un mese prima della morte per iniezione letale di Graham. Il racconto finisce così: chiedo che gli sia risparmiata la pellaccia. Cosa può far cambiare idea ad un uomo? Un uomo che credeva fermamente nella pena di morte? Forse la consapevolezza che quelli che muoiono non sempre sono colpevoli. Possono meritare le fiamme di tutti gli inferni, ma per quel delitto specifico non sono colpevoli. Ellroy apre gli occhi su una realtà, questa: "I processi per omicidio andavano ad avvocati condiscendenti. Questi intascavano parcelle da favola. Sostenevano le campagne per la rielezione dei giudici. La legislazione del Texas creava caste esclusive. Gli oppositori della pena di morte non potevano fare parte delle giurie nei processi per omicidio. Le mie convizioni più profonde vacillarono. La vista dei prati e il contrasto col braccio della morte. Dissi: "Fanculo la pena di morte"."

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Albys
Recensioni: 3/5

Libricino derivato da un articolo per GQ Usa, è in buona sostanza la cronaca di un pentimento dell'autore nei confronti della pena di morte. Ricostruendo, a puro uso e consumo della sua coscienza di cittadino americano, la vicenda vera di un nero ucciso dallo stato senza una prova CERTA della sua colpevolezza, Ellroy ammette il suo cambio di pensiero. Lo fa prendendo in esame un caso non certo facile, perchè il negro arrestato è un grandissimo figlio di puttana, ladro, stupratore, drogato, violento. Uno che già per quello meriterebbe l'ergastolo. Però in fondo gli danno più fastidio gli occulti giochi di potere politico-giudiziario che minano il sistema americano (ma anche il nostro, non illudetevi) che le bastardate del negro. Ognuno la pensi come crede, quel che è certo è che non si saprà mai se l'assassino era quello stronzetto che è stato siringato. Ellroy scrive questo lavorucolo col "nuovo" stile inaugurato con American Tabloid e poi sviluppato con Sei pezzi da mille. Un linguaggio spaccato, totalmente privo di subordinate e con i verbi ridotti ai minimi termini. Fucilate di due parole punto. Al limite del didascalico. Non sono ancora convinto che questo stile possa andare bene per molti libri... perfetto per quei tomoni alla AT o Sei pezzi, ma qui forse un pizzico in più di calore doveva starci, perchè già il libretto è minimalista di suo. Ma pare che ormai Ellroy voglia scrivere solo così.

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maurizio crispi
Recensioni: 4/5

Questo testo di Ellroy è a metà tra la fiction e l'investigazione giornalistica su di un fatto di cronaca e sui esiti giudiziari. Nella prima parte del libricino, Ellroy ricostruisce la vicenda con uno stile asciutto ed essenziale, con un fraseggiare del tutto privo di subordinate, portando all'estremo alcune caratteristiche della sua prosa. Ci si chiede, a questo punto, dove potrebbe portare un ulteriore rinsecchimento della sua prosa. Il ritmo è incalzante. Emergono attrverso il suo stile, caratterizzato dall'esasperata elisione dei verbi e dalla reiterata ripetizione dei nomi degli "attori", tanto più martellante in considerazione della brevità delle frasi. i fatti nudi e crudi, spogliati di qualsiasi orpello ed artificio retorico e consegnati, così come sono accaduti al giudizio del lettore. Il procedimento giudiziario, avviato nel 1985,esaurisce nell'arco di alcuni anni tutte le sue possibilità e, alla fine, nel 2000, la condanna alla pena capitale viene eseguita: l'unica certezza, a carico del "colpevole": quella di essere un "nero" e di avere compiuto nei giorni subito successivi all'omicidio del quale era stato giudicato colpevole altre rapine e furti. Nella seconda parte del piccolo romanzo-inchiesta, l'Autore assieme ad un poliziotto in pensione si reca ad Houston per compiere in prima persona delle indagini, interrogando alcuni dei testimoni e parlando con gli avvocati d'ufficio che avevano sostenuto la difesa nel corso del procedimento di primo grado. Falliscono i reiterati tentativi di un confronto con l'unica testimone. Il colloquio con gli avvocati apre un'inquietante squarcio sul modo in cui viene amministrata la giustizia in questa parte del mondo e sui criteri con cui vengono scelti avvocati accomodanti che non daranno grattacapi rispetto alla linea politica della magistratura e alla necessità di assicurare nel più breve tempo e, in modo possibilmente indolore, dei colpevoli alla giustizia. Un piccolo libro amaro: che è anche un vero e proprio pamphlet, nato in effetti come articolo.

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Voce della critica

Una storia semplice e tragica un delitto crudele lo squallore di chi lo commette e di chi lo subisce di chi lo denuncia e di chi lo giudica di chi lo "punisce". Un storia vera accaduta in quel Texas che vanta il record di esecuzioni capitali negli Stati Uniti quella raccontata da James Elloroy con stile disadorno e rapido: innanzitutto i fatti. Un bianco di mezza età ucciso da un ragazzo nero in un maldestro tentativo di rapina a un parcheggio poche testimonianze discordanti sull'aspetto dell'omicida un'identificazione in base a un solo e incerto riconoscimento che "inchioda" un minorenne con precedenti per stupro e rapina. Il contorno è quello inevitabile dell'emarginazione urbana della disgregazione familiare che dai riformatori conduce ai processi con gli avvocati d'ufficio e alle giurie composte come vuole la legge dello stato per i casi di omicidio esclusivamente di sostenitori della pena di morte. In compenso l'accusato ha un alibi di ferro: "Ero strafatto da qualche parte". Una storia dunque non solo semplice ma per molti versi anche paradigmatica: Ellroy decide di ripercorrerla a quasi vent'anni di distanza quando il complesso iter degli appelli si è esaurito e la data dell'esecuzione si avvicina. Personalmente favorevole alla pena capitale convinto della colpevolezza del condannato poco incline ad attenuanti di tipo sociologico (ma la sua entrata in scena è introdotta da due eloquenti parole: "Tremenda Huston") lo scrittore si scontra tuttavia con la miseria del processo che finisce per incrinare le sue certezze. Non si può infatti mandare al supplizio un uomo "sulla deposizione di un solo testimone" concorda con il Deuteronomio (17 6) che ne esige almeno due o tre. E unisce infine la sua voce a quante oggi in America si levano per fermare il patibolo se non altro in nome del dubbio.
Marco Vitale

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Conosci l'autore

James Ellroy

1948, Los Angeles

Da I miei luoghi oscuri, sua autobiografia, sappiamo che la madre è stata assassinata nel 1958 a El Monte, dove si erano trasferiti all'indomani del divorzio dei genitori. Il delitto rimase irrisolto. Dopo alcuni anni di convivenza con il padre, rimase orfano anche del padre a 17 anni e iniziò per lui un travagliato periodo dominato dalla droga, che ne minò anche le condizioni fisiche, e da piccoli furti. Venne arrestato e passò dei periodi nella prigione della contea. Iniziò poi la sua attività di scrittore e i suoi libri divennero molto rapidamente dei best-seller internazionali. Oggi è universalmente considerato uno dei più grandi autori di crime degli ultimi trent'anni, e una delle voci più originali e potenti...

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