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DAL MIO UFFICIO SI VEDE IL MALE di Raffaele Calvanese – round midnight edizioni E’ un libro che dovrebbe abitare ogni casa perché dai fili che intrecciano i racconti di Raffaele Calvanese si sprigiona la verità che attraversa ogni nostro singolo giorno. Ed è una verità che ritroviamo nella solitudine del portiere che è “l’unico a conoscere la distanza che c’è tra un palo e la felicità”, è una verità che ritroviamo nella scrittura che è “un’arma a volte usata per ferire altra per nutrire”, la verità che la sopravvivenza spaventa, la verità che ritroviamo nella frustrazione lavorativa perché quel lavoro ti consente di sopravvivere ma per cui ci si sente falliti, la verità che ogni tempo, quello frastornante e veloce ruba la lentezza che vorremmo, la verità nel dolore e nel segreto delle famiglie. “Dal mio ufficio si vede il male” è un libro immersivo dove le immagini contemplative lasciano respirare il lettore che apre gli occhi sulle proprie ferite, le brucia, le cicatrizza per poi ritornare alla cura di sé. E’ il resoconto del viaggio nei confronti dell’attuale società e delle leggi che la regolano, del tanto decantato spirito di adattamento e sulla consequenziale repressione di esplorare le nostre più intime convinzioni e le nostre autentiche passioni. C’è tanto di poetico nella semplicità elegante con cui l’autore affronta problematiche di universale valore, qualcosa di intensamente comunicativo, la volontà tangibile di sfiorarne l’essenza attraverso descrizioni che si fanno di volta in volta commoventi e divertenti. Raffaele Calvanese riesce nell’intento di rappresentare la nostra dolorosa fragile felicità e ne lascia impronta.
Una raccolta di storie di uomini e di donne unite dal denominatore comune del lavoro declinato in varie accezioni : il lavoro che logora e sfinisce, il lavoro che uccide, il lavoro che non c’e, il lavoro che si abbandona, il lavoro che si fa quasi per caso e quello che si è scelto. Questo il filo che sottende le quattordici storie di Raffaele Calvanese. Storie di quotidianità in cui è palese il rapporto di conflittualità che i protagonisti hanno con il lavoro amato e odiato, fagocitante quel tanto che basta per essere immessi in una spirale di ore trascorse lontano da casa e da qualunque passione si possa avere. Sono donne e uomini comuni coloro che intrecciano le proprie storie tra le pagine di un libro che restituisce a chi legge il senso di malessere della sofferenza nel subire un lavoro o del coraggio di chi riesce a lasciarlo, e del senso di nulla di chi lo perde e soprattutto l’angoscia di chi a causa del lavoro muore, il tutto in una prosa chiara e lineare che arriva dritto al cuore. Sono persone che in qualche modo provano ad uscire dal tunnel dell’alienazione, da una vita che colma le ore ma non riempie l’anima e in ognuno di loro chi legge potrà ritrovare un pezzo di sé seguendo i protagonisti che tendono all’infelicità, al desiderio del nulla, alla maniacalità di una routine subita che si sublima in azioni banali (i biscotti della colazione, ad esempio, che devono essere per questo o quel personaggio, sempre pari o sempre dispari o la cura estrema per tenere ordinata una casa).
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