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Il copista. Un venerdì di Francesco Petrarca
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Il copista. Un venerdì di Francesco Petrarca - Marco Santagata - copertina
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copista. Un venerdì di Francesco Petrarca

Descrizione


Marco Santagata trasforma in romanzo la fantasia di una giornata di Petrarca, di cui restituisce un ritratto profondamente umano.

In un freddo e nebbioso venerdì di ottobre, Francesco Petrarca si sveglia afflitto da dolori allo stomaco. Il cantore di Laura è intento a scrivere una canzone destinata a confluire nel libro delle rime. Tuttavia, la composizione si trasforma ben presto nella personale e tormentata via crucis di un uomo ormai invecchiato e logorato dalle perdite della sua vita. La morte del figlio Giovanni e del nipotino Francesco, portati via dalla peste (come prima la stessa Laura), e poi la fuga del giovane copista Giovanni Malpaghini lo lasciano sempre più solo nella casa di Padova, con l’unica compagnia della serva Francescona. Così, a mano a mano che i versi prendono forma, Petrarca si rivela una persona inquieta e contraddittoria, che ha perdutola fede fino ad essere incapace di credere alla sopravvivenza dell’anima. Con una narrazione malinconica e a tratti impietosa, Marco Santagata trasforma in romanzo la fantasia di una giornata di Petrarca, di cui restituisce un ritratto profondamente umano.
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Dettagli

3
2020
14 maggio 2020
144 p., Brossura
9788823525481

Valutazioni e recensioni

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Luca Aquadro
Recensioni: 5/5
Il venerdì nero del poeta laureato

"E con quello erano quattro. Quattro giorni che pioveva. (...) La schiena era rigida, le giunture anchilosate, ogni piccolo movimento gli procurava dolore. Sentiva il peso dei suoi sessantaquattro anni." (p. 7) Altro che chiare, fresche e dolci acque: vien giù che Dio la manda. Che risveglio, povero Francesco! "Sì, i risvegli si erano fatti difficili. Un torpore animalesco gli impediva di aprire gli occhi; la mente, vuota di stimoli, non lo contrastava. (...) E lui non poteva fare a meno di chiedersi cosa mai avrebbero pensato e detto i suoi tanti ammiratori se avessero saputo quante ore del giorno trascorreva indolente, seduto a guardare nel vuoto, a inseguire fantasmi. Si compiaceva di questo suo segreto." (pp. 16-17) Tu chiamala, se vuoi, accidia. E poi, del resto, quale "segreto": nel "Secretum" Agostino te l'aveva già spiegato anni fa... "Laura era giovane e bella. Non importa che in quell'aprile lontano fosse morta una donna obesa e invecchiata. Era giovane, perché con lei morivano tutti i giovani. Anzi, tutti gli uomini. Anche i vecchi muoiono giovani rispetto all'eternità. Giovani e belli, perché la vita, l'unico bene che possediamo, è bella." (p. 111) Già, Laura. Che non c'è, ma che non riesci a mandare via una volta per tutte. A meno che... "La canzone era finita, mancava solo il congedo. (...) Vuoto, ecco come si sentiva, come la vita. Ma felice, come chi ha perduto tutto e non si aspetta più niente. (...) Bravo, Francesco, si disse, meriti un bicchiere. Afferrò la caraffa, ma era vuota." (pp. 112-113) Bello e inquietante, in bilico perenne tra prosa e poesia e fra comico e tragico, (in)volontariamente leopardiano e sopravvissuto a sé stesso e alla Peste questo Petrarca resuscitato da Marco Santagata nel 2000 presso Sellerio e ritoccato nel 2020 per Guanda. Bello e (im)possibile.

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franco
Recensioni: 4/5

Libro interessante e seducente nella sua particolarità: una giornata del Petrarca ormai anziano, alle prese con i propri acciacchi fisici e con la propria accidia, imbrigliato dai ricordi e dalle nostalgie di una vita giunta al colmo della gloria letteraria ma insoddisfacente sotto l'aspetto emotivo e sentimentale, per le unioni fallite e il figlio maschio naturale Giovanni, su cui tante speranze aveva appuntato e sulla cui educazione tanto si era speso, che si rivela invece un riottoso e rozzo avversario, votato all'autodistruzione. Così la composizione di una canzone destinata alle Rime, diventa un esercizio estenuante, interrotto e ripreso più volte, alla cui conclusione non basta l'ispirazione e neppure il ricorso alle risorse del mestiere. Notevole poi il duetto con l'amico Boccaccio dell'8° capitolo, verso il quale egli riversa benevolenza non disgiunta dalla diffidenza del vecchio artista verso il più giovane di cui coglie in pieno il gran talento innovativo. Insomma, un libro da leggere e gustare tutto d'un fiato, per ritrovare qualcosa della realtà letteraria e della vita dimenticata di colui che fu per secoli il modello indiscusso della poesia europea e che l'800 romantico detronizzò a favore di Dante

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Princi
Recensioni: 4/5

Santagata ci regala un Francesco Petrarca meno ‘divino’ e più umano; un Petrarca che, senza più filtri, attraverso la sofferenza fisica e psicologica, ci svela il Canzoniere e il suo vero significato

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Marco Santagata

1947, Zocca (MO)

Marco Santagata è stato docente e scrittore italiano. Laureatosi alla Scuola Normale, ha insegnato Letteratura italiana all’Università di Pisa. Dal 1984 al 1988 ne ha diretto l’Istituto di letteratura italiana, ed è stato poi direttore del Dipartimento di Studi italianistici. È stato visting professor in molti atenei prestigiosi come la Sorbona, l'Università di Ginevra, la UNMA di Città del Messico e Harvard. La sua attività di studioso è stata rivolta soprattutto alla poesia dei primi secoli, con una particolare attenzione a Dante e a Petrarca. Su Dante, di cui ha curato per i Meridiani Mondadori l’edizione commentata delle Opere, ha scritto il libro L’io e il mondo. Un’interpretazione di Dante (il Mulino,...

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