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La poesia si veste dei suoi abiti più veri e ci racconta di lei, del suo compito e degli strumenti che utilizza. Un mondo di colori, odori, voci e fotografie, mantenuto sveglio dai giochi di ombre di ogni anima umana. La de Falco si fa quindi portavoce di una realtà per nulla passiva, che esprime se stessa giocando con i misteri, i sussulti e i simboli.
È una scrittura densa e compatta quella di Carla de Falco, in cui l'insistenza sul male ed il dolore presenti nella dimensione privata come in quella pubblica coinvolge la qualità del lessico, che spesso assume un tono categorico, risentito, commosso. Più raramente, e specialmente quando la consapevolezza del reale cede il passo alla contemplazione, i versi inclinano ad un garbato lirismo, che canta la bellezza del creato ed il mistero dell'infinito spaziale e temporale che sovrasta l'umanità. L'impressione globale è quella di uno sguardo intriso di profonda pietas, rivolto alle molte creature dell' "umana famiglia / attaccata con grande fatica /ad un cosmo assolato e durissimo", e di un'austerità etica che spesso non vuole rinunciare ad un preciso messaggio, affidato, di solito, ai versi finali dei suoi testi poetici.
Ci sono un dono, un portone, una secca, un sipario, un brindisi, uno specchio, un gambo di rosa ed un congelatore... C'è un mercato di cose e tanto altro, ironia e dolore, speranza e stupore ne "la voce delle cose", la seconda silloge di Carla de Falco, edita dalla marchigiana Montag e vincitrice del Premio Solaris. C'è, al fondo, un'autrice libera di vivere la poesia come ricerca di particolari insignificanti, solo apparentemente muti, che stanno ammonticchiati ai margini delle strade che ogni giorno percorriamo tutti. E che sussurrano un canto infinito, capace di far crescere a dismisura le emozioni, in un piccolo e denso libro. La scrittrice ha provato a ricostruirvi, in un mosaico fatto di versi, la bailamme dei rumori del presente, dei tipi umani, degli affetti scarnificati, delle nevrosi e delle crisi contemporanee. E a chi le chiede perché l'abbia fatto proprio in poesia, risponde questo: "perché in un tempo in cui la televisione e il web, in tutta la loro predace sciatteria, si ostinano ad emettere messaggi orizzontali e piatti, il dettato della poesia, che per sopravvivere pretende da ogni singolo l'insostituibile verticalità della sua rilettura, si sta investendo di una funzione salvifica".
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